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Interferenti endocrini, ecco come l’UE specula sulla salute

Interferenti endocrini: i dubbi degli Stati Ue bloccano la nuova bozza

Interferenti endocrini, ecco come l’UE specula sulla salute

 

(Rinnovabili.it) – I nuovi criteri sugli interferenti endocrini (EDC), proposti dalla Commissione UE lo scorso giugno, avevano un solo scopo: togliere tutte le barriere possibili al commercio con gli Stati Uniti e il Canada. È il quadro che emerge dal resoconto dell’incontro a porte chiuse fra il commissario alla Salute UE Vytenis Andriukaitis e gli ambasciatori di Usa, Canada, Argentina, Brasile e Uruguay che si è svolto il 13 luglio. In quel periodo l’UE era ancora in piena fase negoziale sia per il TTIP, l’accordo di libero scambio con Washington oggi congelato, sia per il CETA, l’analogo accordo siglato di recente con il Canada. Inoltre erano già avviati i contatti per un terzo accordo commerciale internazionale con i paesi latinoamericani del MERCOSUR.

Gli interferenti endocrini sono sostanze o molecole chimiche dannose per la salute che agiscono sugli ormoni e sul sistema endocrino, degli uomini come degli animali. Sono presenti in diversi prodotti commerciali come ad esempio pesticidi, additivi alimentari, cosmetici.

 

Affossare il principio di precauzione

Interferenti endocrini, ecco come l’UE specula sulla salute Bruxelles aveva presentato pubblicamente i nuovi criteri sugli EDC sostenendo che la bussola della Commissione era la tutela della salute dei cittadini europei. Una foglia di fico e niente più, alla luce delle rassicurazioni che nello stesso tempo dava ai partner commerciali oltreoceano. Lo scoop è stato rivelato da Euractiv, che ha ottenuto i dettagli di quell’incontro tramite una richiesta di accesso agli atti.

Per comprendere il doppio gioco della Commissione bisogna fare un passo indietro. I criteri aggiornati per stabilire quali sostanze vanno considerate interferenti endocrini e quali no dovevano essere presentati già a fine 2013. Il braccio esecutivo dell’UE ha tardato ed è stato condannato dalla Corte di giustizia europea. Quando, infine, ha divulgato la sua proposta il 15 giugno di quest’anno, ha stravolto l’impostazione data dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), alla quale affermava contro ogni evidenza di essersi rifatta.

Tra i punti più controversi c’è l’approccio basato sul rischio concreto invece che sul pericolo eventuale. In altri termini, l’Oms invita a bandire tutte le sostanze che “possono causare” dei danni, senza che sia necessario avere prove scientifiche non solo del rapporto causale tra molecola ed effetto nocivo, ma soprattutto del “modo di azione” dell’EDC. Si tratta di un approccio che garantisce il principio di precauzione, al quale gli stessi trattati fondativi dell’UE si rifanno ampiamente.

Viceversa, la Commissione vuole prendere in considerazione soltanto il fattore di rischio, cioè stabilire una soglia sotto la quale non vi sarebbe danno e, in particolare, non bandire alcun EDC se prima non sono state raccolte meticolose e puntuali evidenze scientifiche. Dal momento che tali ricerche impegnano gli scienziati per anni, e non è affatto certo che si riesca a capire nel dettaglio il modo d’azione della sostanza sebbene sia già chiaro che ha degli effetti nocivi sulla salute umana, questo approccio ha un grado di tutela notevolmente più basso.

 

Un colpo alla salute per salvare TTIP e CETA

Come si lega questo discorso ai trattati commerciali internazionali? Il punto è uno solo: tanto gli Usa quanto il Canada hanno delle legislazioni meno protettive di quelle europee. Perciò i loro prodotti non potrebbero essere commerciati in UE a meno che non vengano tolte le sostanze vietate. Ma il senso di accordi come il TTIP e il CETA è proprio quello di abbattere le barriere doganali e, di conseguenza, dichiarare che i rispettivi regolamenti ambientali e sanitari sono equivalenti. A questo punto il senso delle parole del commissario UE alla Salute è del tutto chiaro: non preoccupatevi, cari Usa e Canada, perché i nuovi criteri che abbiamo proposto abbassano gli standard europei ai vostri livelli e favoriscono il TTIP e il CETA. E lo stesso vale, in prospettiva, per un accordo con l’area MERCOSUR.

La Commissione, tuttavia, sta incontrando in questi mesi l’opposizione di diversi Stati membri. Infatti i criteri proposti devono ancora ricevere l’ok definitivo. Tra novembre e dicembre si sono tenute diverse riunioni nelle quali sono state presentate delle versioni riviste dei criteri. Nessuna di queste, però, cambia davvero la sostanza, e infatti la maggioranza degli Stati propende ancora per bocciarle. L’ultima versione – la terza – dovrebbe essere discussa entro il 21 dicembre.

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