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In Europa crescono le zone a basse emissioni, ma l’Italia resta indietro

Secondo uno studio di Clean Cities è cresciuto il numero di città che si sono dotate di zone a basse emissioni, saranno 500 entro il 2025. Ma l’Italia fa eccezione.

zone a basse emissioni
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(Rinnovabili.it) – Secondo il report “The development trends of low- and zero-emission zones in Europe” di Clean Cities in questo momento in Europa ci sono già più di 300 città che hanno zone a basse emissioni, ed entro il 2025 saranno più di 500. Di queste, entro il 2035, quasi 30 trasformeranno le zone a basse emissioni in zone a emissioni zero, chiudendo l’accesso alle città per i veicoli che utilizzano diesel o benzina. Mentre in altri stati europei come Francia e Spagna i governi stanno emanando leggi ad hoc, il nostro paese è una significativa eccezione, in cui nemmeno le città “carbon neutral” riescono a entrare nel trend. 

Le zone a basse emissioni

Una zona a basse emissioni comporta l’introduzione di restrizioni del traffico che vietano in determinate aree la circolazione ai veicoli più inquinanti. È uno strumento differente dalla ZTL, che chiude l’accesso a tutti i veicoli, perché la selezione è appunto operata sulla base della classe di inquinamento del veicolo.

Il fenomeno è in crescita da una decina di anni, le zone a basse emissioni sono ormai uno degli strumenti più diffusi per la regolazione del traffico e la riduzione dell’inquinamento da PM 2.5, PC 10 e biossido di azoto e sta comportando benefici al clima: in sei mesi di ultra low zone a Londra le emissioni sono diminuite del 13%, con l’introduzione dell’Area C Milano ha dato un taglio del 22%.

Fondamentale, perché questo strumento funzioni, è che ci sia un quadro della mobilità in grado di sostenere e accompagnare la transizione: “Le zone a basse emissioni funzionano. È però essenziale che i sindaci comunichino efficacemente e per tempo, e che siano presenti misure di supporto alla transizione, quali ad esempio schemi che diano un accesso gratuito ai servizi di trasporto pubblico e di sharing mobility a fronte della rottamazione dei veicoli inquinanti. Le automobili stanno soffocando le nostre città, è ora di ricominciare a respirare” ha commentato Claudio Magliulo, Responsabile italiano della campagna Clean Cities, una coalizione di più di 70 ong in tutta Europa che persegue l’obiettivo della mobilità a zero emissioni entro il 2030. 

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The Italian gap

Secondo un sondaggio della campagna, l’84% dei cittadini italiani vuole che la propria amministrazione si impegni maggiormente per proteggerli dall’inquinamento. 

Mentre nel nostro paese abbiamo un gran numero di ZTL, che restringono la circolazione in determinate fasce temporali (che siano stagionali o orarie), le zone a basse emissioni sono ancora troppo poche. A differenza di modelli come le Aree B e C di Milano, gran parte delle LEZ italiane non è oggetto di controlli sistematici o comunque regolari, non è ben comunicata ai cittadini e mancano, in ogni caso, piani di rafforzamento delle restrizioni. 

Il nostro Paese registra dunque una forte arretratezza sul tema, nonostante il fatto che 9 città italiane siano state selezionate dalla Commissione Europea per la missione “100 Climate-Neutral and Smart Cities”, che chiede a Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino di raggiungere le zero emissioni nette entro il 2030. 

“È evidente che se le città italiane fanno sul serio, non potranno raggiungere la neutralità climatica senza eliminare dalle proprie aree urbane i veicoli inquinanti nell’arco di questo decennio. Si tratta di una sfida complessa, ma tecnologicamente alla nostra portata. Servono lungimiranza, coraggio politico e attenzione al creare una transizione giusta che non lasci indietro nessuno” ha detto Magliulo. 

Una guida per le zone a basse emissioni

Clean Cities ha inoltre pubblicato ieri un decalogo per le LEZ, uno strumento volto a indicare alle città il percorso da compiere, dalla definizione degli obiettivi a modalità e tempistiche di comunicazione, fino a, ovviamente, come garantire il sostegno alle alternative alla mobilità inquinante. 

Requisito chiave indicato è che le città abbiano la prospettiva di trasformare entro il 2030 le proprie zone a basse emissioni in zone a zero emissioni: in Italia questa prospettiva non esiste in nessun contesto. 

Anche per questo, una sezione della guida è dedicata a sollecitare il nostro paese a pianificare la transizione attraverso una serie di interventi ben definiti: non soltanto l’aumento della disponibilità (e spesso della qualità) dei servizi di trasporto pubblico o dei km di piste ciclabili, ma anche una serie di restrizioni che ci portino, gradualmente, ad abbattere il parco veicolare privato che, con 67 auto per 100 abitanti, consegna al nostro paese un triste primato rispetto agli altri stati europei.