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Una tecnica australiana per ridurre l’inquinamento da PFAS promette rivoluzioni

Utilizzando un catalizzatore basato su anello porfirinico di cobalto, un team è riuscito a ridurre l’inquinamento da PFAS del 75% in 5 ore

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La missione era rompere i legami cloro-fluoro per ridurre l’inquinamento da PFAS

I metodi attuali per ridurre l’inquinamento da PFAS sono migliorabili. Nonostante gli sforzi in corso per sviluppare metodi per degradare questi forever chemicals, infatti, le tecniche attuali sono limitate dalla mancanza di processi efficienti, scalabili e rispettosi dell’ambiente.

Oggi gli approcci prevalenti prevedono l’assorbimento su materiali a base di carbonio. Se si dispone di un tampone di carbone attivo e si fa passare l’acqua attraverso di esso, è possibile assorbire i PFAS sul carbone attivo. Tuttavia, dopo è necessario bruciarlo per distruggere i PFAS o conservarlo in modo sicuro. Un altro metodo utilizza un forte agente ossidante per rompere la catena carbonio-fluoro. Tuttavia, questo processo richiede sostanze chimiche aggressive che scompongono i PFAS in strutture più piccole. Le quali possono diventare ancora più difficili da rimuovere completamente.

Sembra un rompicapo impossibile da risolvere. Nella mischia della ricerca di laboratorio per soluzioni alla crisi dei PFAS, si sono gettati anche gli scienziati dell’Università del New South Wales, in Australia. Ne sono usciti con una nuova tecnica che si preannuncia promettente. Si chiama defluorurazione riduttiva e diminuisce la tossicità dei composti rompendo i forti legami C-F dei PFAS ramificati.

Memori del fatto che nella ricerca sono stati usati nano metalli a valenza zero (nZVM) e vitamina B12 per ottenere la defluorurazione, i ricercatori hanno cercato di rifarsi a questa pratica, che però è inefficiente, migliorandola. Il team ha sintetizzato un catalizzatore basato su un anello porfirinico. Le porfirine sono una classe di composti chimici presenti in tutto il regno animale e vegetale, che servono a “incatenare” una serie di ioni metallici. Il sistema, adattato in laboratorio, si è rivelato più efficace nel degradare PFOS e PFOA ramificati.

I risultati dello studio dicono che entro cinque ore, circa il 75% del fluoro è stato rilasciato dai PFAS. Per capire quanti ne stavano rimuovendo, hanno misurato la quantità di ione fluoro prodotta dalla reazione. Confrontato i loro risultati con i catalizzatori B12 esistenti hanno scoperto che l’anello porfirinico di cobalto che utilizzato era più efficiente e più veloce. I catalizzatori basati su B12, nello stesso tempo, hanno infatti prodotto una defluorazione di appena l’8%. Il prossimo passo sarà testare il metodo su scala pilota e incorporare il catalizzatore in un elettrodo per applicazioni su larga scala.

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