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Riprendono i negoziati per un Trattato sulla plastica

A Ottawa, in Canada, i leader globali si incontrano per continuare la discussione intorno al Trattato sulla plastica da approvare all’ONU

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Foto di Mark Harpur su Unsplash

Quali temi e quali posizioni sono in campo ai negoziati per il Trattato sulla plastica?

(Rinnovabili.it) – Da oggi al 29 aprile, a Ottawa – capitale del Canada – si tiene il quarto round di negoziati per un Trattato sulla plastica. Si attendono 3.500 persone tra delegati, lobbisti, scienziati e attivisti per seguire i lavori su quello che sarebbe il primo strumento globale teso a frenare l’inquinamento da plastica. Entro fine anno, il testo dovrà vedere la luce in ambito ONU. Almeno queste erano le promesse. Se sarà un testo ambizioso, potrebbe diventare l’accordo più significativo dai tempi di quello sul clima approvato a Parigi nel 2015. 

Tuttavia, il compito dei diplomatici è difficile, perché gli interessi in ballo anche qui sono enormi. Lanciati dall’Assemblea ONU per l’ambiente del 2022, i colloqui per un accordo legalmente vincolante mirano ad affrontare la crisi mondiale dell’inquinamento da plastica. Il trattato dovrebbe riguardare questi polimeri durante l’intero ciclo di vita, dalla produzione, all’uso e allo smaltimento.

Un settore ipertrofico e inquinante

L’industria di settore rappresenta oggi il 5% delle emissioni globali di carbonio. In uno scenario “business as usual”, potrebbero diventare il 20% entro il 2050. La produzione di plastica potrebbe infatti triplicare entro il 2060, a meno che il trattato non fissi limiti di produzione. Del resto, questa è una delle proposte sul tavolo. I paesi però sono divisi sul da farsi. Durante tre sessioni precedenti, tenute a Punta del Este, Parigi e Nairobi, hanno fatto emergere questa spaccatura. Il testo della bozza è salito da 30 a 70 pagine, e ora include tutte le possibili sfumature. Alcuni paesi hanno insistito perché le loro obiezioni a misure più ambiziose, come i limiti alla produzione e il phase out. In pratica, sono gli stessi problemi che affronta l’accordo sul clima. Del resto, i combustibili fossili sono alla base di entrambi, visto che la plastica viene dal petrolio.

Le posizioni in campo nei negoziati

Il prossimo dicembre a Busan, in Corea del Sud, si terrà l’ultimo ciclo di trattative. Cosa aspettarsi questa settimana e quali posizioni sono sul tavolo? Arabia Saudita, Iran e Cina non vogliono che i limiti di produzione siano menzionati nel testo. Una coalizione per “l’alta ambizione” contrasta questa postura. Ne fanno parte 60 nazioni, tra cui paesi dell’UE, stati insulari e Giappone. Questo vorrebbero porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040. Oltre alla riduzione dell’industria, il gruppo propone la progressiva eliminazione delle plastiche monouso “problematiche” e il divieto di determinati additivi chimici rischiosi per la salute. Gli Stati Uniti, pur strizzando l’occhio alla coalizione di volenterosi, non vogliono regole globali vincolanti. Chiedono che ciascun paese faccia i propri piani, inviando poi gli impegni regolarmente alle Nazioni Unite. Uno schema del tutto analogo a quello dell’Accordo di Parigi. Che però non sta fornendo tagli di emissioni sufficientemente profondi e rapidi.

L’industria chimica, che presidia i negoziati con una schiera di lobbisti, è riunita nel gruppo denominato Global Partners for Plastics Circularity. Sostiene che mettere limiti alla produzione porterebbero a prezzi più alti per i consumatori e che il trattato dovrebbe concentrarsi sulla plastica solo dopo che è stata prodotta. Non vogliono nemmeno divulgare obbligatoriamente le sostanze chimiche utilizzate. Sono disposte a concedere qualcosa in termini di riciclo e riuso, ma non oltre. Scommettono sulle tecnologie che trasformano la plastica in carburante, anche se non rappresentano un’alternativa

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