A Ottawa, ad aprile, i negoziati non erano riusciti a ridurre il disaccordo tra le parti. Per riuscire comunque a siglare il trattato, a Busan si parte da un non-paper informale
Ultima chiamata per il trattato globale sull’inquinamento da plastica. A Busan, in Corea del Sud, inizia il round finale dei negoziati (INC-5) che dovrebbero partorire un accordo legalmente vincolante per affrontare i problemi legati alla produzione e alla dispersione nell’ambiente di prodotti plastici.
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Quello dell’inquinamento da plastica è un problema sempre più pervasivo, che colpisce l’ambiente e la salute umana (soprattutto tramite le microplastiche). La produzione globale di plastica è destinata ad aumentare del 70%, raggiungendo 736 milioni di tonnellate entro il 2040. Alcune stime prevedono che i rifiuti di plastica raddoppieranno entro lo stesso anno.
A che punto sono i negoziati sul trattato globale contro l’inquinamento da plastica? Come si sono conclusi i round precedenti? Quali sono i temi più divisivi dell’accordo? Vediamo cosa ci aspetta nel prossimo giro di negoziati.
Produzione vs consumo
Il grande spartiacque dei negoziati è sempre stato fin dal primo momento l’ampiezza del trattato: copre solo il consumo di plastica o tocca anche la produzione?
La prima opzione è la preferita dall’industria della plastica e da alcuni paesi che tengono particolarmente al settore petrolchimico. Toccare la produzione significa fissare degli obiettivi – legalmente vincolanti – per ridurre i volumi di plastica generati ogni anno. Il business si riduce, la transizione verso un altro modello economico deve accelerare e non è più rimandabile.
L’industria vuole evitare questo scenario. E spinge per puntare tutto sul lato del riciclo: il problema non è la produzione ma la dispersione dei prodotti nell’ambiente, argomentano, quindi più alzo il tasso di riciclo e meno plastica finirà nei fiumi e nei mari.
Il mandato originario dei negoziati, va ricordato, era ampio: diceva di affrontare l’intero ciclo di vita della plastica. Cioè intervenire sulla produzione e fabbricazione dei prodotti in plastica, sui componenti chimici e sul design dei prodotti.
Cos’è un rifiuto di plastica?
Anche limitarsi solo all’approccio meno ambizioso è più divisivo di quanto possa apparire. I negoziati non hanno ancora prodotto una definizione condivisa di cosa è un “rifiuto di plastica”. In particolare, non c’è accordo su quando un prodotto può essere definito rifiuto, rispetto alla fase del ciclo di vita in cui si trova. Per alcuni, è rifiuto solo dopo essere stato scartato dal consumatore finale. Per altre posizioni negoziali, rifiuto è anche in alcuni casi durante la fase di trasporto o di produzione.
A che punto sono i negoziati sul trattato globale sull’inquinamento da plastica?
Durante l’ultimo round negoziale, che si è svolto a Ottawa, in Canada, le delegazioni nazionali sono arrivate a un testo in larga parte ancora non definito: sono circa 1.500 le parentesi. Troppe per risolverle in appena 7 giorni a Busan.
Per questo Luis Vayas, il presidente dell’INC, il processo negoziale incardinato all’ONU, ha cambiato strategia. In Corea del Sud si partirà da un altro testo, un “non-paper”, quindi un documento informale. Il vantaggio? Sintetizza i punti di convergenza e sottolinea quelli dove non c’è ancora accordo.
Può quindi facilitare le discussioni e far approdare a un accordo finale, anche se magari sacrificando qualche tema per strada. D’altronde, il testo di partenza ha lasciato fuori due grandi temi cruciali per la qualità dell’accordo: quello della produzione di plastica e quello degli aspetti legati al commercio. L’idea è di includere nel trattato l’impegno ad affrontarli in un secondo momento.
L’UE vorrebbe affrontare anche la questione della produzione
Per tutta la durata dei negoziati, l’UE ha continuato a sostenere la necessità di ridurre i livelli di produzione di plastica come unica soluzione realmente efficace nel lungo termine. “La plastica sta soffocando i nostri oceani, inquinando l’ambiente e danneggiando la salute e i mezzi di sussistenza delle persone. Se le cose continueranno come al solito, la produzione di plastica triplicherà entro il 2060”, ricorda il vicepresidente esecutivo per il Green deal europeo, Maros Sefcovic.
“Abbiamo bisogno di politiche globali coordinate per cambiare i modelli di produzione e consumo della plastica in un modo che sia vantaggioso per le persone e il pianeta”, aggiunge, dichiarando che l’UE vuole “un trattato globale entro la fine di quest’anno”.
Cosa chiede la società civile
Le associazioni ambientaliste continuano a chiedere un accordo ambizioso. Il trattato globale contro l’inquinamento da plastica, secondo il WWF, dovrebbe includere quattro misure globali vincolanti essenziali per l’intero ciclo di vita della plastica:
- Divieti globali e l’eliminazione progressiva dei prodotti in plastica e delle sostanze chimiche più dannose e problematiche;
- Requisiti globali obbligatori di progettazione dei prodotti che garantiscano sicurezza e facilità di riutilizzo e riciclo;
- L’individuazione dei finanziamenti richiesti e indicazioni chiare sul come tali risorse saranno distribuite per un cambiamento equo a livello di sistema;
- L’identificazione di meccanismi decisionali per garantire che il Trattato possa essere rafforzato e adattato nel tempo.