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Traffico, quanto incide sull’inquinamento atmosferico?

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Foto di Siobhan Dolezal da Pixabay

L’ARPA chiarisce: il traffico veicolare rimane la principale fonte di inquinamento atmosferico, ma vanno ridotte le emissioni anche in tutti gli altri settori

(Rinnovabili.it) – Aggravata dall’assenza di precipitazioni, la pessima qualità dell’aria registrata in questi giorni in molti comuni italiani ha obbligato diverse amministrazioni ad imporre limitazioni e restrizioni alla circolazione dei veicoli, specialmente di quelli più inquinanti.

Ne è nata (e non è la prima volta) una discussione circa l’utilità del provvedimento, considerato da molte parti del tutto insufficiente ad arginare il problema. In molti, in particolare, hanno puntato il dito sul riscaldamento domestico, imputando a caldaie e stufe un ruolo ben più importante in fatto di emissioni. Nel dibattito è recentemente intervenuto anche WWF che, pur evidenziando le carenze di questi provvedimenti emergenziali, ne ha promosso l’utilità nell’ambito di una strategia anti-smog più articolata. 

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La domanda, in ogni caso, rimane aperta: quanto “pesa” in Italia il traffico urbano e veicolare? La risposta arriva direttamente dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, che con un pezzo firmato da Guido Lanzani di ARPA Lombardia  chiarisce: “in generale, in Italia, è il traffico la prima sorgente di ossidi di azoto (NOx), sia che si parli del livello nazionale, del livello regionale o di quello urbano”.

Nel dettaglio: secondo il Report 2019 dell’Ispra, i trasporti su strada incidono per il 46 per cento sulle emissioni di NOx e, nel bacino padano il contributo salirebbe fino al 50%, con punte addirittura del 70% in città come Milano.

 

Se la letteratura scientifica offre un’ampia  banca dati sugli ossidi di azoto, la situazione si complica leggermente con le polveri sottili. La causa? La formazione stessa del particolato, che può essere diretta o indiretta (ossia legata alla trasformazione di altri contaminanti atmosferici). Nel primo caso, chiarisce Lanzini, la fonte principale sono per lo più gli impianti di riscaldamento alimentati a legna e pellet. Per le emissioni indirette, chiamate anche PM10 secondario, il traffico veicolare gioca invece un ruolo chiave. Ovviamente nelle città in cui il numero di veicoli su strada è alto e gli impianti a biomassa pochi, i trasporti tornano ad essere la fonte numero uno di particolato primario o diretto.

 

 

Molto dipende, però, dal tipo di veicolo. “Le emissioni dirette dai tubi di scappamento – si legge sul sito del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – SNPA – sono in progressiva riduzione: i veicoli a benzina e i veicoli diesel con filtro antiparticolato emettono ormai pochi milligrammi al chilometro. Contribuiscono ancora alle emissioni da traffico gli scarichi dei veicoli diesel non dotati di filtro antiparticolato e – in misura ormai paragonabile, grazie alla riduzione progressiva di quelle dal tubo di scappamento – le emissioni da usura di freni, pneumatici e asfalto”. 

 

La “sentenza” dell’Agenzia è chiara: “Il traffico, nonostante il progressivo miglioramento, rimane ancora una delle principali – se non la principale – fonte di inquinamento atmosferico, in particolare nelle città, sia per il contributo alle emissioni di ossidi di azoto (che, oltre al superamento dei livelli di NO2, portano in atmosfera alla formazione di PM10 e, durante l’estate, di ozono) sia per le emissioni dirette di PM10 primario”. 

In chiusura Lanzini insiste comunque sulla necessità di ridurre le emissioni – anche a seconda del contesto – in tutti gli altri settori, da quello zootecnico – in particolare per l’ammoniaca – a quello industriale, ancora rilevante in generale per gli ossidi di azoto. 

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