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Tossicità del glifosato, rivedere i metodi di valutazione

glifosato
Via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Il prossimo dicembre scadrà l’autorizzazione al commercio del glifosato, e con l’avvicinarsi del termine cresce l’attenzione sul tema. La valutazione per il rinnovo dell’autorizzazione (RAR) è stata esaminata da Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia. Attualmente è al vaglio dell’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA) e dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa). Le due agenzie dovrebbero esprimersi rispettivamente tra maggio e giugno e in autunno.

Le valutazioni saranno cruciali per il destino della commercializzazione del glifosato, e proprio qui Generazioni Future è intervenuta nel dibattito. Secondo la ONG francese gran parte dei criteri di valutazione è in realtà fallace. L’associazione ha deciso di studiare i metodi di valutazione della genotossicità della molecola, sulla capacità cioè di compromettere l’integrità fisica del genoma. In altre parole, di stimolare la comparsa di cellule tumorali.

Le conclusioni cui è giunta sono che il RAR non considera il 99% della letteratura accademica pubblicata nell’ultimo decennio relativa al tema. Gli studi maggiormente citati, invece, sono quelli realizzati dagli stessi produttori.

Mancanza di aggiornamento delle fonti

Generazioni Future ha pubblicamente denunciato la mancanza di aggiornamento delle fonti e ne ha portate all’attenzione diverse. Una tra queste è il Centro Internazionale di Ricerca sul Cancro (Circ), che nel 2015 ha già chiarito che «nel complesso i dati meccanicistici forniscono solide prove di genotossicità e di stress ossidativo». Altra testimonianza importante è quella dell’Inserm, che nel 2021 osservava: «gli studi che mostrano un’assenza di genotossicità (…) sembrano meno importanti (…) di quelli che suggeriscono un effetto positivo».

Il gruppo ha inoltre raccolto i pareri di Pauline Cervan, tossicologa e responsabile delle questioni scientifiche e normative della ONG. Cervan ha verificato gli studi in vitro citati nel RAR, nel rapporto Circ e nella relazione Inserm. Si tratta di circa venti esperimenti, realizzate su cellule umane, di mammiferi e di altri organismi come i pesci.

La tossicologa ha rilevato una serie di errori. Innanzitutto nessuno degli studi che denuncia la tossicità del glifosato è stato preso in considerazione dal RAR. Anche i test in vivo hanno subito lo stesso trattamento. Cervan ha inoltre osservato come il RAR abbia tenuto in considerazione uno studio che è commissionato dai produttori e replicato identico diverse volte, a rischio di compromettere le statistiche. Sarebbero invece state completamente ignorate una serie di prove ottenute da test condotti su organismi non standard come pesci e piante. Anche non considerando questi ultimi, la tossicologa ha osservato che esistono numerosi studi disponibili in letteratura che comprovano la genotossicità del glifosato. «Le autorità si basano quindi esclusivamente sugli studi provenienti dagli industriali», ha spiegato la studiosa. 

Test parziali e poco approfonditi

Generazioni Future ha inoltre denunciato il fatto che i test siano svolti in maniera parziale e non esaustiva. I dati in vivo sono disponibili solo per le cellule del midollo osseo, ma alcuni test in vitro avrebbero mostrato degli effetti del glifosato anche sulle cellule del sangue, epatiche ed epiteliali. Nessuna di queste conclusioni, tuttavia, ha avuto spazio nei test commissionati dagli industriali, nonostante anche Anses, nel 2016, abbia manifestato la necessità di esperimenti su reni e fegato.
Pauline Cervan ha inoltre denunciato l’inefficacia dei modelli di classificazione, che riconoscono solo il carattere mutageno delle cellule legate alla riproduzione, senza guardare a tutte le altre.
«Qui si vede il riflesso del gap tra la scienza accademica e la scienza regolamentare» ha commentato. «Il glifosato è in qualche modo l’esempio emblematico di questo sistema, ma queste lacune nella valutazione si ritrovano in quasi tutte le sostanze e i fascicoli! »

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