I tassi di mortalità fra le persone affette da coronavirus sono maggiori nelle aree inquinate
(Rinnovabili.it) – Uno studio condotto dai ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health di Boston mostra come l’inquinamento atmosferico sia significativamente collegato ai tassi di mortalità più alti di covid-19. Nello specifico, il lavoro mostra che anche l’aumento di una sola unità dei livelli di inquinamento (1μg / m3 in PM2,5), registrato negli anni precedenti alla pandemia, sia associato ad un aumento del 15% del tasso di mortalità.
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Date le grandi differenze nei livelli di aria tossica nei vari paesi, la ricerca suggerisce che le persone nelle aree inquinate hanno molte più probabilità di morire di coronavirus rispetto a quelle che vivono in aree più pulite. Gli scienziati hanno affermato che è già risaputo che l’aria sporca possa incidere sull’aumento del rischio di sindrome da distress respiratorio acuto, estremamente pericoloso in caso di covid-19, e aggravare altri problemi respiratori e cardiaci.
Gli scienziati hanno affermato che le loro scoperte sui tassi di mortalità potrebbero essere utilizzate per garantire che le aree con alti livelli di inquinamento atmosferico prendano ulteriori precauzioni per rallentare la diffusione del virus e distribuire risorse extra per affrontare l’epidemia. L’inquinamento atmosferico è già diminuito a causa dei blocchi diffusi, ma gli scienziati hanno affermato che garantire aria più pulita in futuro contribuirebbe a ridurre i decessi di covid-19.
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Lo studio ha analizzato l’inquinamento atmosferico e le morti per pandemia in 3000 aree statunitensi, coprendo il 98% della popolazione. “I risultati sono statisticamente significativi e robusti”, hanno affermato i ricercatori. L’analisi ha tenuto conto di una serie di fattori, tra cui i livelli di povertà, fumo, obesità e il numero di test covid-19 e di letti ospedalieri disponibili. “Precedenti lavori hanno dimostrato che l’esposizione all’inquinamento atmosferico ha aumentato notevolmente il rischio di morte per sars durante l’epidemia del 2003”, ha dichiarato al Guardian Rachel Nethery, uno dei membri del team di Harvard. “Quindi pensiamo che i nostri risultati siano coerenti con quando scoperto precedentemente”.
Un secondo studio, incentrato sull’Italia e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha scoperto che “l’elevato livello di inquinamento nell’Italia settentrionale dovrebbe essere considerato un ulteriore cofattore dell’alto livello di mortalità registrato in quella zona“. In questo caso, si è visto come il nord Italia (una delle aree più inquinate d’Europa) registrasse dei tassi di mortalità di circa il 12% rispetto al 4,5% nel resto d’Italia, soprattutto in Lombardia ed Emilia-Romagna.
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