Ridurre del 20% l’inquinamento luminoso notturno porterebbe benefici per l’ecosistema, per l’uomo e per la stessa economia
(Rinnovabili.it) – La chiusura totale dovuta alla pandemia da COVID-19 ha avuto diversi effetti sull’ambiente. Ha migliorato la qualità dell’aria, ha ridotto le emissioni climalteranti, ha diminuito l’inquinamento acustico, ha aumentato le fioriture selvatiche e persino reso nuovamente limpida l’acqua di Venezia. Oggi una nuova ricerca allunga la lista dei benefici registrati in questi mesi di lockdown. I ricercatori appartenenti ad ARPAV e ai Dipartimenti di Fisica e di Ingegneria Elettrica dell’Università di Padova, facenti parte dell’Osservatorio Regionale Permanente sul fenomeno dell’Inquinamento Luminoso, hanno studiato la “riduzione dei flussi luminosi notturni emessi dal traffico veicolare e dall’illuminazione dei campi sportivi” in Veneto.
La Regione è l’unica in Italia ad avere una rete di monitoraggio composta da 14 centraline SQM, “situate in località con caratteristiche differenti, dalla realtà urbana di Padova fino alle più remote stazioni situate in quota nelle Dolomiti”. Il team ha analizzato i dati provenienti da 4 di queste stazioni fisse, scelte tra quelle maggiormente rappresentative della Regione, integrandoli allo studio degli andamenti medi delle notti di marzo e aprile 2020 con le analoghe degli anni precedenti e a modelli di simulazione.
In questo modo, i ricercatori sono riusciti a quantificare le variazioni nella luminosità notturna dovute ai provvedimenti di bocco. In tutte le notti dell’anno, a intervalli di 5 minuti, viene misurata la brillanza, ossia la luminosità del cielo, ed è ormai da tempo che la visibilità delle stelle risulta compromessa soprattutto a causa della luce artificiale riflessa verso l’alto, di grande impatto nei luoghi abitati.
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L’analisi dei dati ottenuti mette in luce come le conseguenze della riduzione del traffico, quantificabile intorno al 75%, e dello spegnimento totale degli impianti di illuminazione dei campi sportivi, risultino molto evidenti nella prima parte della notte in tutte le centraline prese in considerazione. Nella pianura veneta e nella città di Padova il valore della riduzione dell’inquinamento luminoso si attesta intorno al 20%, mentre a Cima Ekar (VI) raggiunge il 10%. In ogni caso il cielo notturno rimane visibile anche a Passo Valles, a notevole distanza dalla pianura, nonostante un valore di riduzione dell’inquinamento luminoso solo del 5%. I provvedimenti restrittivi per il controllo del Coronavirus hanno quindi portato a un’evidente riduzione dell’inquinamento luminoso notturno in città e in pianura che rimane “comunque apprezzabile anche nelle località montane”.
Gli studiosi hanno ipotizzato che, attraverso “una diminuzione del contributo verso l’alto dell’illuminazione pubblica e soprattutto di quella privata pari al 20%, grazie ad impianti più efficienti e studiati per emettere esclusivamente verso il basso, potremmo passare da una magnitudine attuale compresa tra 18.0 e 18.5 a una magnitudine compresa tra 19.0 e 19.5”. Ciò significa che il cielo di Padova “avrebbe un notevole aumento di stelle visibili ad occhio nudo e la possibilità in situazioni meteorologiche favorevoli di visibilità della via Lattea”.
Se vi fosse una migliore gestione dell’illuminazione notturna le stelle potrebbero tornare a splendere nei nostri cieli notturni e i benefici non sarebbero, come concludono i ricercatori, “solo ambientali e per l’ecosistema, uomo compreso, ma anche energetici ed economici”.