Uno studio dell'Università di Buffalo dimostra che un ceppo prelevato da un terreno contaminato rompe i forti legami carbonio-fluoro dei PFAS, le sostanze chimiche diffuse in moltissimi prodotti, anche per le padelle
![Pfas, scoperti batteri in grado di mangiare le pericolose sostanze chimiche](https://www.rinnovabili.it/wp-content/uploads/2025/02/studio-pfas.jpg)
Potrebbero essere i batteri, i migliori alleati per eliminare le sostanze chimiche pericolose note come PFAS, presenti praticamente ovunque, anche nell’acqua, ad oggi impossibili da smaltire in modo innocuo per l’ambiente, quindi per l’uomo, tanto da essere oggetto di molte ricerche e normative per fermarne la diffusione. La risposta giusta potrebbe arrivare dall’Università di Buffalo che avrebbe scoperto in alcuni microbi la possibilità di rompere i forte legami delle PFAS che li rendono resistenti ed in grado di diffondersi in modo diffuso.
Batteri F11 contro PFAS
Gli scienziati hanno pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, lo studio che ha scoperto le proprietà di Labrys portucalensis F11, il batterio che ha metabolizzato oltre il 90% dell’acido perfluorottano sulfonico (PFOS), uno dei tipi di PFAS più diffuse e persistenti, dopo un periodo di esposizione di almeno 100 giorni. Questi batteri hanno anche scomposto una parte sostanziale di altri due tipi di PFAS: il 58% dell’acido carbossilico fluorotelomerico e il 21% del sulfonato fluorotelomerico.
“Il legame tra atomi di carbonio e fluoro nel PFAS è molto forte, quindi la maggior parte dei microbi non può usarlo come fonte di energia. Il ceppo batterico F11 ha sviluppato la capacità di tagliare via il fluoro e mangiare il carbonio“, afferma l’autore dello studio, Diana Aga, convinta che un giorno i batteri potrebbero essere impiegati per scomporre i PFAS negli impianti di trattamento delle acque reflue. A differenza di molti studi precedenti sui batteri che degradano i PFAS, lo studio di Aga ha tenuto conto dei prodotti di degradazione a catena più corta, i metaboliti.
“Molti studi precedenti hanno solo segnalato la degradazione dei PFAS, ma non la formazione di metaboliti. Non solo abbiamo tenuto conto dei sottoprodotti dei PFAS, ma abbiamo scoperto che alcuni di essi continuavano a essere ulteriormente degradati dai batteri“, afferma un altro degli autori dello studio, Mindula Wijayahena.
Batteri sopravvissuti a terreni contaminati
Lo studio americano ha preso in considerazione il ceppo batterico F11, isolato dal terreno di un sito industriale contaminato in Portogallo, che aveva dimostrato la capacità di rimuovere il fluoro dai contaminanti farmaceutici, ma non era mai stato testato sui PFAS onnipresenti, utilizzati a partire dagli anni ’50 in prodotti di ogni tipo, dalle padelle antiaderenti ai materiali antincendio.
“Se i batteri sopravvivono in un ambiente duro e inquinato, è probabilmente perché si sono adattati a usare gli inquinanti chimici circostanti come fonte di cibo, così da non morire di fame“, afferma Aga “attraverso l’evoluzione, alcuni batteri possono sviluppare meccanismi efficaci per usare contaminanti chimici per aiutarsi a crescere“.
Pfas pericolosi, test sui batteri F11
Per testare gli F11, i batteri sono stati sigillati senza alcuna fonte di carbonio e dopo periodi di incubazione compresi tra 100 e 194 giorni, dopodiché i campioni sono stati spediti all’università di Buffalo, dove l’analisi ha rivelato che F11 aveva degradato parte delle sostanze pericolose. Gli elevati livelli di ioni fluoruro rilevati in questi campioni indicavano che F11 aveva staccato gli atomi di fluoro dai PFAS, consentendo ai batteri di metabolizzare gli atomi di carbonio.
“Il legame carbonio-fluoro è ciò che rende i PFAS così difficili da scomporre, quindi romperli è un passaggio fondamentale. Fondamentalmente, F11 non stava solo tagliando i PFOS in pezzi più piccoli, ma anche rimuovendo il fluoro da quei pezzi più piccoli“, ha evidenziata la ricercatrice Wijayahena. Alcuni dei metaboliti rimasti contenevano ancora fluoro, ma dopo essere stati esposti al PFOS per 194 giorni, F11 aveva addirittura rimosso il fluoro da tre metaboliti del PFOS.
Il team ora intende studiare come accelerare il consumo di PFAS da parte di questi batteri speciali, anche all’interno di un impianto di trattamento delle acque reflue, iniettando i batteri direttamente nel terreno o nelle falde acquifere di un sito contaminato.