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Scandalo dieselgate, il dispositivo truccato fu progettato a tavolino

Mail e documenti interni datati tra il 2006 e il 2015 rivelano che i 4 big tedeschi dell’auto Audi, VW, Daimler e BMW sapevano esattamente che stavano chiedendo a Bosch di creare un dispositivo illegale e fraudolento. Finora la loro difesa ha affermato che era stata un’iniziativa di pochi dipendenti

Scandalo dieselgate: tutti sapevano che il defeat device era illegale
Photo by Andrea De Santis on Unsplash

(Rinnovabili.it) – Lo scandalo dieselgate che ha travolto gran parte delle case automobilistiche in Europa non è nato dall’errore individuale di un pugno di ingegneri di Volkswagen. È stato un tentativo esplicito e consapevole di usare un dispositivo fraudolento per truccare le emissioni delle auto con motori diesel. Audi, VW, Daimler, BMW e Bosch erano consapevoli fin dall’inizio di violare la “conformità alle normative ufficiali” con i defeat device e il passaggio tra “funzionamento normale” e “funzionamento nel ciclo di misurazione dei gas di scarico”.

L’accusa che piomba sui 4 marchi e sull’azienda a cui era stato commissionato il dispositivo al centro dello scandalo dieselgate arriva all’ong tedesca DUH, che è entrata in possesso di mail e altri documenti interni e riservati risalenti al periodo 2006-2015. Da cui emerge in modo molto chiaro che l’intento dei marchi auto era proprio quello di aggirare la normativa sulle emissioni.

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Tutto il personale coinvolto sarebbe andato avanti nella realizzazione del defeat device – fino a sviluppare 44 versioni differenti del software fraudolento – nonostante fossero stati avvisati con un parere legale della possibilità che il dispositivo infrangesse la normativa. Parere legale che potrebbe essere arrivato addirittura nel settembre 2006, 9 anni prima dello scoppio dello scandalo sulle auto diesel truccate.

Questi documenti cambiano le carte in tavola. Finora tutte le sentenze di tribunale hanno condannato le case automobilistiche, inclusa una sentenza della Corte di giustizia europea. In alcuni casi i giudici hanno disposto delle compensazioni per i clienti. Tutto questo, però, si basa sull’assunto che il defeat device fosse opera di pochi dipendenti, non un’operazione studiata a tavolino e appositamente progettata per continuare a vendere auto con limiti emissivi reali più alti del consentito.

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“I documenti sono la pistola fumante. Soprattutto, la presentazione dell’ottobre 2015 dimostra che Bosch sapeva cosa stava facendo dal punto di vista legale. Ciascuna funzione è informata del motivo per cui è ‘potenzialmente critica’”, spiega l’avvocato Remo Klinger, che sta supportando dal punto di vista legale DUH nel riaprire il dieselgate. Questo dimostra un alto livello di ingiustizia. “Nessuno potrà più usare la scusa che non sapeva cosa stava facendo. I documenti stessi ammettono che le finestre termiche ancora in uso non erano necessarie per motivi di protezione dei componenti”.