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La salute del suolo, un tema che riguarda tutti

La cura del suolo sembra un tema per addetti ai lavori, invece riguarda ognuno di noi: da un suolo sano dipende la produzione agricola e quindi la sopravvivenza dell’uomo. “Caring for soil is caring for life” è la missione di Horizon Europe che pone un obiettivo sfidante: garantire che il 75% dei suoli siano sani entro il 2030 e in grado di fornire servizi ecosistemici essenziali

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Foto di Pexels da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Prendersi cura del suolo. Si fa presto a dirlo, molto meno a farlo perché è un argomento di cui si parla poco, è una preoccupazione degli addetti ai lavori che rimane indifferente ai più. «Il suolo italiano, però, non sta bene per niente» ha detto Michele Munafò dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Ha rincarato la dose Giuseppe Corti, presidente della Società Italiana di Pedologia: «In molte aree di Italia si perde 1 cm di suolo all’anno; si tratta del suolo più fertile che poi va in mare dove provoca l’eutrofizzazione e l’inquinamento delle acque».

Per far conoscere i problemi del suolo a una platea più vasta il Ministero dell’Università e della Ricerca in collaborazione con APRE (Agenzia della Promozione della Ricerca Europea), Santa Chiara Lab-Università di Siena e Fondazione Re Soil, hanno organizzato l’evento nazionale di presentazione di “Caring for soil is caring for life”, la missione di Horizon Europe proposta dal Mission Board Soil Health and Food. La finalità di questo primo incontro è stata far conoscere obiettivi e sviluppi della Mission e mettere in contatto tra loro i diversi attori che si occupano di salvaguardia del suolo proponendo azioni concrete. 

Obiettivo 2030: il 75% dei suoli deve essere sano

L’obiettivo è a dir poco sfidante: garantire che il 75% dei suoli siano sani entro il 2030 e in grado di fornire servizi ecosistemici essenziali, quindi fornitura di cibo, tutela della biodiversità, risparmio idrico, attenuazione degli effetti del cambiamento climatico. La Mission, oltre a voler avviare entro il 2030 un percorso di gestione sostenibile del suolo, si impegna perché questa rientri in una transizione green di cui sia protagonista la società in tutte le sue componenti, a livello nazionale e internazionale: ricercatori, policy maker, industrie, cittadini.

«Sono un medico, per me la parola “caring” non si limita alla salute ma ha un significato più ampio, e la Mission “Caring for soil is caring for life” denota una trasversalità di temi che coinvolge attori diversi. L’obiettivo da raggiungere al 2030 è molto ambizioso, richiede trasparenza e collaborazione tra ricerca, imprese e istituzioni. Il Ministero dell’Università c’è», ha detto in apertura Cristina Messa, ministra dell’Università e della Ricerca, «e il Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) supporterà lo sforzo della Mission, promuovendo le attività di ricerca e innovazione».

Le cinque Mission dell’UE (garantire la salute del suolo e il cibo, combattere il cancro, adattarsi ai cambiamenti climatici, proteggere gli oceani e vivere in città più verdi) sono parte integrante del programma quadro Horizon Europe a partire dal 2021: grandi sfide che saranno al centro del processo di transizione green che sta cambiando l’Europa. Le Mission sono in linea con il Green Deal europeo e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: agire insieme – con politiche mirate e progetti di ricerca – rende possibile raggiungere obiettivi misurabili di largo respiro.

La salute del suolo è una sfida enorme, circa il 70% del suolo europeo non è sano. Quello che pochi sanno è che invertire la tendenza è urgentissimo se vogliamo continuare a vivere sulla Terra. «Finalmente si è risvegliato un interesse per il suolo, la cui salute si riverbera sulla nostra. Ha un ruolo centrale nel Green Deal europeo e nelle strategie europee Farm to Fork, Forestry, Zero Pollution e Biodiversity. Tutelare il suolo è tutelare la biodiversità, la sicurezza alimentare e il clima. A diminuire fertilizzanti e pesticidi e alla conversione al biologico si arriva quando il suolo è sano, dobbiamo sostenere gli agricoltori nell’adozione di pratiche sostenibili. Horizon Europe vuole raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, e in particolare 2 (Sconfiggere la fame), 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), 13 (Lotta contro il cambiamento climatico), 15 (Vita sulla Terra), ma saranno irraggiungibili senza curare il suolo, cadine della transizione verde» ha affermato Antonio Parenti, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea

La vera novità? Il cambio di prospettiva

Per Marco Falzetti, direttore di APRE, tutte le missioni proposte da Horizon Europe hanno rilevanza strategica, sono fondate su ricerca e innovazione. Ma la novità più importante è il cambio di prospettiva: al centro della sfida non c’è solo la comunità scientifica ma tutti i portatori di interesse, quindi la società nel suo insieme che beneficerà dei risultati che si raggiungeranno. Tutti potranno comprendere problemi di grande rilevanza sociale e l’obiettivo della Mission diventerà chiaro anche ai non addetti ai lavori: è un invito all’azione anche per loro, è il momento di stabilire tutti insieme le nuove regole del gioco.

Catia Bastioli, membro del Mission Board Soil Health and Food, ha insistito sul fatto che «il suolo non è rinnovabile, è una risorsa fondamentale per supportare la fornitura di servizi ecosistemici essenziali per cibo, persone, natura e clima, basta un anno per distruggerlo». L’azione umana ne mette pericolosamente a rischio l’integrità con inquinamento, urbanizzazione selvaggia, effetti del cambiamento climatico. Per questo è importante la cooperazione tra ricerca, impresa, istituzioni e cittadini: tutti sono centrali in questa Mission. Ricerca e innovazione devono avere la priorità nella definizione delle strategie di difesa del suolo, ma dobbiamo anche cambiare le nostre abitudini, ottimizzare le filiere agroalimentari, monitorare costantemente lo stato del suolo e agire secondo le necessità dei diversi territori. Ma soprattutto c’è bisogno di formazione a tutti i livelli, dagli agricoltori agli imprenditori: troppi ancora ignorano la portata dei problemi legati al degrado e alla cattiva gestione del suolo. Per inciso, gli effetti del degrado costano in Europa più di 50 miliardi di euro l’anno.

«La salute del suolo è a rischio in Italia come in Europa, mette in pericolo le produzioni agroalimentari e la salute delle persone» ha sottolineato Angelo Riccaboni, rappresentante nazionale della Mission Soil Health and Food e presidente del Santa Chiara Lab-Università di Siena. Tra le linee d’azione definite dalla Mission Soil on Health and Food c’è la promozione anche in Italia di Living Lab (laboratori viventi) e Lighthouses (iniziative faro), dove i processi di ricerca e innovazione sono integrati nelle comunità e in contesti di vita reale; si genereranno così dei processi di co-creazione di conoscenza a cui potranno partecipare ricercatori, educatori, cittadini, imprenditori, agricoltori. Bisogna far conoscere ai cittadini i risultati che derivano da ricerca e innovazione. Il problema suolo esiste, ma le soluzioni ci sono: «solo lavorando insieme potremmo far fronte a una delle più grosse sfide che riguarda le nostre collettività».

«I numeri che indicano la perdita di suolo in 70 anni fanno rabbrividire» ha rilevato Massimo Iannetta, Delegato Nazionale Cluster 6 Horizon Europe, di cui ha illustrato gli obiettivi strategici: cibo, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura, ambiente. A maggior ragione è importante riconoscere l’importanza dell’iniziativa della Commissione Europea che spinge ad affrontare tutti insieme una delle grandi emergenze ambientali del nostro tempo. Ognuno si impegni nel suo settore, da quello nazionale a quello locale, per raggiungere gli obiettivi della Mission, si lavori in sinergia tra cluster, mission e partnership, con un progetto definito per il raggiungimento di obiettivi tra loro interconnessi.

L’agricoltura non è nemica dell’ambiente

Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, ha tenuto a precisare che non esiste agricoltore che non abbia a cuore la salute e la fertilità del suo terreno. L’agricoltura del futuro dovrà continuare a produrre beni destinati all’alimentazione umana; perché ciò sia possibile serve l’aiuto della tecnologia e dell’innovazione per aumentare la capacità produttiva senza compromettere la salute del suolo. Bisogna superare i conflitti e le posizioni ideologiche che vedono negli agricoltori dei nemici dell’ambiente, al contrario si deve lavorare insieme per lo sviluppo sostenibile dei territori. 

Anche Alessandro Apolito difende gli agricoltori di Coldiretti, che si batte da anni per l’approvazione della legge sul consumo di suolo. «Chiediamo di rigenerare i terreni, di farli diventare sempre più fertili. Le scelte di questi mesi avranno impatto sui prossimi anni. Chi pensa che la transizione ecologica equivalga a chiudere le piccole aziende sappia che non è questo il nostro modello. Le nostre imprese devono essere sempre più sostenibili secondo un concetto di multifunzionalità, auspichiamo che la ricerca sia sempre più collegata alla pratica in campo, deve essere una nostra alleata nella sfida al cambiamento climatico, ma serve una formazione a 360° per contadini e dirigenti che devono sapere cos’è l’economia circolare affinché possano trasformare i risultati della ricerca in modelli di sviluppo».

Re Soil Foundationè nata per salvaguardare il suolo, elemento determinante per realizzare un futuro sostenibile. Connettere le conoscenze scientifiche, tecnologiche, ambientali ed umanistiche per diventare punto d’incontro per le diverse realtà italiane ed europee che si dedicano al tema del suolo è l’obiettivo della Fondazione illustrato dalla presidente Debora Fino. Un obiettivo che Re Soil porterà avanti nell’ambito della Mission Soil Health and Food, promuovendo tra le tante azioni anche la formazione dei giovani.

Santa Chiara Lab-Università di Siena è un centro di innovazione disciplinare. Come ha detto Cristiana Tozzi, al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi della Mission Soil Health and Food devono concorrere ricercatori, innovatori, imprese, istituzioni e aziende in quella ibridazione dei saperi che caratterizza Santa Chiara Lab. Il centro divulgherà gli obiettivi e le azioni della Missione, «valorizzando le iniziative organizzate in Italia e sostenendo le strutture impegnate nella co-creazione della conoscenza e della sperimentazione in materia di suolo e sistemi agroalimentari sostenibili».  Il contributo di Santa Chiara Lab sarà rafforzato da Prima Observatory on Innovation (POI), una piattaforma digitale che ospita oltre 50 buone pratiche aziendali e 100 progetti di ricerca e innovazione sostenibili con progetti dedicati alla salubrità del suolo.

Giusto allarme quello lanciato dal climatologo Luca Mercalli: «Già quindici anni fa si parlava del bisogno impellente di porre fine al degrado del suolo e alla cementificazione, e siamo ancora qui a parlarne. La ricerca è importante, ma non basta. Da un lato c’è il mondo dei buoni propositi, delle strategie, degli studi, dall’altro fuori ci sono le ruspe che stanno divorando due metri quadri di terreno al secondo e premono sull’acceleratore senza curarsi delle richieste della scienza. In Emilia Romagna ci sono città dove si vogliono costruire ospedali in terreni agricoli di classe due, anziché utilizzare edifici dismessi; nuovi poli logistici sulle risaie padane, nuove autostrade, nuovi centri commerciali. Queste scelte sono fatte sia da pubblici amministratori che da imprese private, a dimostrare che l’ignoranza è sempre un problema. Sappiamo che il suolo va difeso subito, perché la sua perdita è irreversibile: una legge sul consumo di suolo deve essere approvata il prima possibile. Altrimenti fra dieci anni ci ritroveremo qui a parlare delle stesse cose e nel frattempo saranno stati distrutti migliaia di chilometri quadrati di suolo».