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L’Indonesia dice stop allo sversamento in mare dei rifiuti delle miniere

Le aziende che estraggono nickel – di cui Jakarta è il 1° produttore al mondo – stavano per ottenere i permessi per gettare in mare gli scarti delle loro attività

Rifiuti: l’Indonesia dice stop al deep sea tailing
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Questa pratica di gestione dei rifiuti è chiamata deep sea tailing

(Rinnovabili.it) – Non è uno stop tombale ma ci si avvicina abbastanza. Il governo indonesiano ha deciso di interrompere lo sversamento in mare dei rifiuti prodotti dalle attività minerarie. Una pratica che aveva attirato su Jakarta molte critiche per i possibili impatti di questi rifiuti sugli ecosistemi dell’oceano, specie dopo l’interessamento dell’industria del nickel.

L’Indonesia non ha messo al bando, formalmente, questo modo di gestione dei rifiuti. Ma ha deciso di non assegnare più alcun nuovo permesso. “Non esiste ancora un regolamento scritto, ma la politica è quella di non rilasciare permessi per il deep sea tailing per progetti futuri” spiega a Reuters Jodi Mahardi, portavoce del ministro per il coordinamento degli affari marittimi e degli investimenti del paese asiatico.

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Questa tipologia di gestione dei rifiuti minerari è chiamata tecnicamente deep sea tailing disposal (DSTD) e consiste nel pompare a grande profondità gli scarti dell’attività estrattiva, che poi cadono sul fondale. Anche se è usata soltanto da una manciata di paesi in tutto il mondo, questa pratica è piuttosto controversa. Era impiegata anche nel Mediterraneo da Francia (miniera di Gardanne), Grecia (Agios Nikolaos), entrambi siti chiusi oggi. Resta invece attiva la miniera di Cayeli Bakir in Turchia, che sversa nel Mar Nero.Nato in Canada, il DSTD oggi è usato soprattutto da Indonesia e Papua Nuova Guinea.

Chi ne sostiene l’impiego sottolinea che i rifiuti vengono rilasciati a una profondità tale che gli strati superficiali dell’oceano non ne vengono intaccati. Le parti più vicine alla superficie sono quelle più ricche di vita e dove si verificano dei meccanismi essenziali per gli equilibri dell’intero ecosistema. Chi critica il deep sea tailing disposal, invece, punta i riflettori sulle sostanze che vengono rilasciate. Non si tratta infatti solo di inerti polverizzati, cioè di rocce prive di valore economico. In acqua finiscono anche, in parte, i minerali pregiati che le aziende vogliono estrarre, altri minerali o metalli, e le sostanze chimiche che impiegano nel processo, tra cui il cianuro di sodio. Non è poi certo che i residui affondino senza essere intercettati dal plankton o da pesci, fatto che li farebbe entrare nella catena alimentare.

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Uno studio pubblicato su Nature ha tracciato gli elementi sversati in mare con il DSTD in Papua Nuova Guinea, da miniere d’oro locali, nell’arco di una quindicina d’anni: erano presenti zinco, rame, arsenico, cadmio, mercurio e piombo. Anche se in quantità minime, queste sostanze hanno avuto un impatto sull’ecosistema acquatico dell’area.

L’Indonesia ad oggi permette l’uso del deep sea tailing per la sua seconda più grande miniera di rame. Il bando arriva in un frangente in cui anche le aziende che gestiscono le miniere di nickel avevano avviato le pratiche per ottenere i permessi necessari. Il paese asiatico è il maggior produttore al mondo di nickel, un elemento essenziale in prodotti come, ad esempio, le auto elettriche e più in generale le comuni batterie.