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Procedura di bonifica e destinazione d’uso dei siti: vale quella effettiva

Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha affermato che, nell’ambito di una procedura di bonifica di un sito contaminato, i valori-obiettivo della bonifica sono determinati in base alla destinazione d’uso che il sito ha avuto nel corso del tempo, anche se la pianificazione urbanistica ha successivamente modificato la destinazione d’uso.

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via depositphotos.com

di Bernardino Albertazzi-Giurista Ambientale

Sito potenzialmente contaminato nella procedura di bonifica del dlgs 152/2006:  conseguenze

In materia di bonifica di siti contaminati, l’art. 240 del Dlgs 152 del 2006 e s.m. definisce:

“a) sito: l’area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;”

“e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;”.

 “d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);”

 “b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica, come individuati nell’Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto.Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;”.

Per quanto attiene alle procedure operative ed amministrative di bonifica dispone l’art.242. del Decreto 152 che, qualora l’indagine preliminare accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell’inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. 

Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del  decreto 152. 

Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).                                           

Entro sei mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell’analisi di rischio. 

La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell’istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. 

Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. 

Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. 

Superamenti delle CSC: gli scenari di legge

In sintesi, quando in un sito vengono evidenziati dei superamenti delle CSC, si aprono due scenari possibili, che vengono determinati sulla base dei risultati dell’ Analisi di Rischio, definita dalla lett. s) dell’art.240 cit. 

“s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;”

  • Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento, cioè la procedura di bonifica si conclude, salva la possibilità che la conferenza di servizi prescriva lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale destinazione d’uso del sito. 
  • Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito

Sotto tale profilo, in giurisprudenza, fin dalla data di entrata in vigore del Dlgs 152,  è stato affermato che:

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 Marzo 2007, Sentenza n. 9794

Ai sensi dall’art. 242 D.Lgs. 152/2006, la procedura operativa e amministrativa per la bonifica dei siti è ora disciplinata con regole che non sono completamente sovrapponibili con quelle stabilite dal previgente art. 17 D.Lgs. 22/1997, in quanto: il presupposto generalmente previsto per l’apertura della procedura, secondo la normativa previgente, consisteva nel superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione stabiliti con D.M. 25.10.1999 n. 471, ovvero nel pericolo concreto e attuale del superamento dei medesimi limiti (art. 17 cit., comma 2,); mentre, secondo la normativa vigente, l’anzidetto presupposto consiste nell’accertamento di più precise concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) al di sopra delle quali si apre un procedimento di caratterizzazione e di analisi rischio sito specifica, in esito al quale, se è accertato il superamento di concentrazione soglia di rischio (CSR), è richiesta la messa in sicurezza e la bonifica del sito (art. 242 cit., in relazione all’art. 240).”

Com’è noto, l’ allegato 5 Tabella 1, al titolo quinto del Dlgs 152/2006 e s.m., contiene due colonne relative alla destinazione urbanistica del sito: la  colonna A per le aree a destinazione d’uso “verde pubblico  privato e residenziale” e  la colonna B in relazione alla destinazione d’uso“ad uso commerciale e industriale”. Ovviamente i limiti della colonna A sono più stringenti di quelli della colonna B, in relazione alle medesime sostanze.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 439 del 24 gennaio 2022:

Sulla base della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato  sembra possibile valutare il superamento o meno dei valori limite di cui alla Tabella 1 cit, non già in relazione alla destinazione d’uso urbanistica attuale, ma in relazione “all’effettivo utilizzo dei terreni” nel corso del tempo.

Ha infatti affermato Consiglio di Stato Sez. IV m. 439 del 24 gennaio 2022:
“La Tabella 1 dell’allegato 5 al Titolo V della parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 individua le concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla “specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare”; le destinazioni d’uso sono – come detto – quella “a verde pubblico e privato e residenziale” nonché quella “ad uso commerciale e industriale”. 

E’ evidente che il legislatore non si è riferito, in tal modo, alla sola specifica destinazione impressa dalle norme urbanistiche (P.R.G. o altri strumenti di pianificazione), bensì ha inteso avere riguardo all’effettivo utilizzo dei terreni ai fini dell’individuazione dei valori soglia di contaminazione; il criterio dell’utilizzo reale e dello stato effettivo dei terreni vale, a maggior ragione, quando non vi sia una specifica destinazione impressa dalle disposizioni urbanistiche ovvero quando tale destinazione sia stata modificata nel corso del tempo”.

La sentenza afferma che:

 “a) è stata svolta una attività di campionamento del materiale depositato sulla parete della ex cava di proprietà della ditta……, catastalmente identificata al foglio 38 partt. 201 e 202 del Comune di ….e in relazione alla quale risultava pendente un procedimento per VIA/AIA per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi;
….
c) dai campioni di terreno prelevati l’8 ottobre 2010 sul sito della ex cava della ditta …., è risultato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) previsto dalla Tabella 1, colonna A, allegato 5 alla parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006;
d) in particolare, dal rapporto di prova 4621 del 2010 (campione terriccio fondo cava lato sud), sono risultati “Idrocarburi pesanti C>12”, dal rapporto di prova 4624 del 2010 (campione terriccio piazzale cava) sono risultati “Vanadio e Idrocarburi pesanti C>12”, dal rapporto di prova 4626 del 2010 (campione terriccio pendio lato ovest), sono risultati “Vanadio, Idrocarburi pesanti C>12”, tutti in valori superiori alle suddette soglie;
….

“In particolare, il primo giudice ha ritenuto dirimente ai fini della decisione della causa l’esame del primo motivo di ricorso, con cui si è denunciato che i valori soglia da considerare avrebbero dovuto essere quelli della colonna B della Tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della Parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006, riferiti a zone “ad uso commerciale/industriale”.

Infatti, facendo riferimento a tale colonna B (e non alla colonna A, che invece è stata tenuta quale parametro di riferimento nell’ordinanza impugnata), gli accertamenti effettuati attesterebbero il rispetto dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC).

La Provincia di… ha dedotto che la zona in questione è classificata, dal punto di vista urbanistico, come zona “E agricola” e già questo deporrebbe nel senso dell’utilizzo della colonna A, che è relativa ai siti “ad uso verde pubblico/privato e residenziale”. Inoltre, in ragione del non utilizzo del sito in quanto cava in disuso, non potrebbe valere il criterio, ai fini dell’applicazione della colonna A o B, dell’effettivo uso del sito ma correttamente l’Amministrazione avrebbe seguito il criterio della sola classificazione urbanistica).

2.2. Il T.A.R. non ha condiviso le deduzioni della Provincia, ritenendo invece che, in assenza di una specifica classificazione dei terreni de quibus ai fini della rilevazione dei tassi di contaminazione, non può che aversi riguardo, in carenza di altri parametri, all’effettivo utilizzo dei suoli; poiché l’effettivo uso dei terreni è stato, per numerosi anni, quello di una cava, destinata quindi ad usi più vicini a quelli commerciali/industriali che a “verde pubblico, privato e residenziale”, il primo giudice ha stabilito che la Provincia avrebbe dovuto fare riferimento ai valori di cui alla colonna B per verificare l’eventuale superamento dei medesimi; il riferimento alla colonna A è risultato quindi erroneo e per tale motivo il primo giudice ha annullato il gravato provvedimento ritenendolo assorbente..”

…………

 “5.1. Con un primo motivo “preliminare e assorbente”, l’appellante ha impugnato la sentenza di primo grado con la quale l’ordinanza è stata annullata perché il giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto che il provvedimento sia illegittimo nella parte in cui ha applicato i parametri di rilevazione dell’inquinamento previsti dalla Tabella A del d.lgs. n. 152 del 2006 per le aree ad uso “verde pubblico/privato e residenziale” anziché la tabella B, ossia quella in cui sono espressi i valori da rispettare per le zone ad uso commerciale e industriali.

L’applicazione del criterio dell’effettivo utilizzo operata dal primo giudice, laddove consentita, non potrebbe essere parametrata nella sua interpretazione in rapporto all’uso precedente del sito come cava, ma si dovrebbe tenere conto dell’utilizzo presente della zona ossia del momento in cui è stata ordinata la bonifica dell’area.

5.2. Sulla base di tale impostazione, nel caso in esame non si sarebbe dovuto tenere conto dei parametri espressi per le zone in cui vi è una cava dismessa ma di quelli per la nuova destinazione impressa dal P.R.G., in conformità con una concezione “dinamica” del territorio che risulterebbe coerente con l’art. 240 d.lgs. n. 152 del 2006, nel quale si legge la seguente definizione di ripristino ambientale: “gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici” (ulteriori riferimenti in tal senso sarebbero costituiti dall’art. 2, comma 1, D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 e all. 3, Titolo V, d.lgs. n. 152 del 2006) [Motivo d’appello sub. 1.A].

5.3. In ogni caso, il primo giudice avrebbe erroneamente applicato il criterio dell’effettivo utilizzo poiché avrebbe ignorato la destinazione legale, impressa dalle norme urbanistiche, del terreno al tempo in cui l’attività di bonifica deve essere effettuata ed ignorando le caratteristiche proprie delle cave, “attribuendo importanza dirimente alle caratteristiche che il sito aveva al tempo dell’inquinamento o in tempi precedenti all’inquinamento stesso, anziché a quello in cui la bonifica deve essere eseguita” (pag. 17 appello, motivo d’appello sub 1.B).

6. “Il punto centrale della controversia è costituito dallo stabilire se l’ordinanza impugnata sia legittima sotto il profilo dell’applicazione della colonna A della Tabella 1 dell’allegato 5 al Titolo V della parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 relativa ai valori soglia di contaminazione nei “siti ad uso verde pubblico/privato e residenziale”.

Mentre la Provincia di .. ha sostenuto la correttezza dell’applicazione dei valori soglia di contaminazione (CSC) della colonna A della Tabella 1 sopra indicata, che nel caso in esame sarebbero stati superati come è risultato dai campioni di terreno prelevati l’8 ottobre 2010 e dai rapporti di prova 4621 del 2010 e n. 4624 del 2010, l’intimato si è invece orientato per una diversa interpretazione delle disposizioni vigenti per cui i valori soglia da considerare avrebbero dovuto essere quelli della colonna B della Tabella 1 dell’allegato 5 Titolo V parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 14 aprile 2006, ossia quelli più elevati dettati per i siti ad uso commerciale/industriale.

6.1. La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
La Tabella 1 dell’allegato 5 al Titolo V della parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 individua le concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla “specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare”; le destinazioni d’uso sono – come detto – quella “a verde pubblico e privato e residenziale” nonché quella “ad uso commerciale e industriale”.
E’ evidente che il legislatore non si è riferito, in tal modo, alla sola specifica destinazione impressa dalle norme urbanistiche (P.R.G. o altri strumenti di pianificazione), bensì ha inteso avere riguardo all’effettivo utilizzo dei terreni ai fini dell’individuazione dei valori soglia di contaminazione; il criterio dell’utilizzo reale e dello stato effettivo dei terreni vale, a maggior ragione, quando non vi sia una specifica destinazione impressa dalle disposizioni urbanistiche ovvero quando tale destinazione sia stata modificata nel corso del tempo.

La destinazione a cava (sia pure nel recente passato) del terreno, fa sì che il medesimo non possa che essere annoverato tra quelli commerciali/industriali anziché tra quelli a destinazione verde pubblico/privato (con le consequenziali differenziazioni in termini di valore limite degli inquinanti), per cui il fatto che il P.R.G. di nuova approvazione gli abbia conferito la destinazione agricola e il fatto che esso si inserisca in un contesto in cui vi sono anche terreni limitrofi a destinazione agricola, non rende l’area in questione soggetta ai limiti di contaminazione della Tabella A, come invece è stato sostenuto dalla Provincia.
7. Ala luce di tali dirimenti motivazioni, che conducono all’assorbimento di ogni altra censura riproposta dall’originario ricorrente (pag. 17 memoria di costituzione), l’appello deve essere respinto con conferma della sentenza gravata.”

di Bernardino Albertazzi – Giurista Ambientale 

bernardinoalbertazzi@gmail.com– www.bernardinoalbertazzi.it