Lo studio sulle polveri sottili presentato in anteprima alla European Society for Medical Oncology
(Rinnovabili.it) – Perché così tanti non fumatori sviluppano il cancro ai polmoni? La risposta è nell’inquinamento da traffico e dovuto al riscaldamento. Più precisamente nelle polveri sottili, i PM2.5. Un nuovo studio presentato nel fine settimana alla European Society for Medical Oncology ricostruisce per la prima volta con precisione il legame tra il particolato e i tumori all’apparato respiratorio, che finora non era mai stato chiarito appieno.
Nel caso del fumo, la scienza è concorde nel ritenere che le particelle inalate agiscano sulle cellule delle vie respiratorie causando delle mutazioni nel loro Dna, da cui l’insorgenza e lo sviluppo di tumori. Lo stesso meccanismo che viene riscontrato nel caso di cancro alla pelle provocato dall’esposizione ai raggi solari.
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La nuova ricerca, spiega al Guardian l’autore Charles Swanton del Francis Crick Institute, rivela perché anche nei polmoni dei non fumatori si vedono accumuli di mutazioni genetiche pur in assenza di esposizione alle sostanze chimiche tossiche contenute nelle bionde. La risposta è nelle polveri sottili, in particolare quelle con diametro più piccolo, inferiore o uguale ai 2,5 µm. Questo particolato sarebbe in grado di “risvegliare” delle mutazioni dormienti presenti nell’apparato respiratorio e farle quindi passare allo stato canceroso.
“Il rischio di cancro ai polmoni dovuto all’inquinamento atmosferico è inferiore a quello dovuto al fumo, ma non abbiamo alcun controllo su ciò che respiriamo”, sottolinea Swanton illustrando l’urgenza di contenere i livelli di inquinamento da traffico. “A livello globale, un numero maggiore di persone è esposto a livelli non sicuri di inquinamento atmosferico rispetto alle sostanze chimiche tossiche presenti nel fumo di sigaretta, e questi nuovi dati collegano l’importanza di affrontare la salute del clima al miglioramento della salute umana”.
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Le polveri sottili sono in parte dovute a cause naturali, come l’erosione dei suoli, le emissioni dei vulcani e il trasporto su lunghe distanze della sabbia. Ma la fetta preponderante – oltre il 90% – è di origine antropica. Nel 2019, secondo l’Ispra, in Italia circa due terzi di queste emissioni sono da attribuire al settore della combustione non industriale, che include gli impianti di riscaldamento nel settore civile (commerciale, istituzionale e residenziale), mentre circa il 17% è da imputare al settore dei trasporti.