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Plastisfera, il nuovo ecosistema legato ai rifiuti plastici

La plastisfera è un nuovo ecosistema legato ai rifiuti plastici dove proliferano microrganismi e batteriche. Le conseguenze per l’ambiente sono devastanti: esaurisce l’ossigeno nell’acqua, è veicolo potenziale di nuove patologie, altera la salute complessiva dei grandi fiumi

Plastisfera
Una montagna di rifiuti plastici sulla riva del Mekong (Jennifer Kent – University of Nevada, Reno)

La plastisfera viaggia trasportata dalle correnti

La plastisfera è l’ennesima grave minaccia alla salute dell’ambiente che colpisce in particolare i fiumi e i laghi.

In questi specchi d’acqua, gravemente inquinati, si sono sviluppati nuovi microrganismi e batteri che si sono insediati sulla superficie delle plastiche. Infatti, le materie plastiche in disfacimento – le cosiddette microplastiche – offrono un habitat ideale alla proliferazione dei batteri.

Un fenomeno che riguarda anche gli oceani: gli ultimi studi in materia prevedono che entro il 2050 in mare ci sarà più plastica che pesci.

Una minaccia per la salute dei fiumi

Questo nuovo ecosistema legato ai rifiuti, definito plastisfera, ha conseguenze devastanti: esaurisce l’ossigeno nell’acqua, è veicolo potenziale di nuove patologie, altera la salute complessiva dei grandi fiumi.

La vita di alcune popolazioni è strettamente dipendente dai corsi d’acqua: forniscono acqua potabile e la possibilità di irrigare le colture, nelle acque interne si catturano pesci che sono alla base dell’alimentazione di milioni di persone.

Spiega Veronica Nava, ricercatrice dell’Università di Milano-Bicocca e autrice principale di uno studio che sarà pubblicato nel numero di agosto della prestigiosa rivista scientifica “Water Research”: «Il nostro è uno dei primi studi che va oltre la descrizione dei microrganismi che crescono sui diversi materiali plastici che inquinano i corsi d’acqua sul nostro Pianeta.

Giunge a dimostrare che essi stanno cambiando il ciclo dei nutrienti e la qualità delle acque nel fiume, causando una drammatica riduzione dell’ossigeno nel sistema fluviale.

Questi cambiamenti hanno un impatto sulla salute di un fiume e sulla sua capacità di sostenere la biodiversità all’interno dei suoi ecosistemi».

Un consorzio internazionale di istituti di ricerca

Lo studio ha esaminato l’accumulo di microrganismi sui residui di plastica trovati nei fiumi e valutato il loro impatto sulla qualità delle acque. In particolare, i ricercatori hanno cercato di capire se il tipo di rifiuti abbia un impatto sulla loro crescita e produttività.

I ricercatori hanno studiato quattro tipi di plastiche in tre fiumi: dall’insieme di questi dati si possono comprendere i potenziali impatti della plastica sugli ecosistemi acquatici.

Lo studio – che fa parte del progetto Wonders of the Mekong, finanziato dall’USAID (United States Agency for International Development) – è stato condotto da un consorzio di istituti di ricerca (Università di Milano-Bicocca, Università del Nevada-Reno, Istituto di Tecnologia della Cambogia, Desert Research Institute, Università Reale di Phnom Penh).

Il caso del fiume Mekong

Gli studiosi hanno analizzato la plastisfera del fiume Mekong inferiore in Cambogia e hanno scoperto che le popolazioni di batteri che vivono sulla superficie dei residui di plastica alteravano in modo significativo la qualità complessiva dell’acqua e incidevano sui servizi ecosistemici.

Inoltre, essi hanno osservato la presenza di organismi potenzialmente patogeni che potrebbero avere implicazioni per la salute umana, ad esempio compromettendo l’accesso all’acqua potabile.

Il Mekong, a cui è legata la sopravvivenza di oltre 60 milioni di persone, è fortemente stressato per cause diverse: cambiamenti idrologici dovuti alla costruzione di dighe, deforestazione, rifiuti di plastica in quantità crescente, pesca eccessiva e commercio illegale di pesci giganti ambiti in tutta la regione. Infatti, nelle sue acque vive la pastinaca gigante, il più grande pesce d’acqua dolce conosciuto.

Qual è l’impatto della plastisfera?

Sia il Mekong che i suoi affluenti sarebbero ricchi di biodiversità, ma la plastisfera li sta soffocando.

È possibile che – a causa dei microrganismi che popolano le isole di plastica galleggianti che stanno riducendo l’ossigeno nel fiume – si formino delle “zone morte” dove i pesci e gli altri animali non possono sopravvivere, specialmente durante la stagione secca.

I ricercatori ipotizzano anche che la riduzione dell’ossigeno contribuisca alla produzione di gas serra all’interno dei fiumi.

Il circolo creato dalla plastica più che vizioso potremmo definirlo distruttivo: si calcola che dai fiumi ogni anno arrivino in mare 265.000 tonnellate di scarti di plastica.

Pertanto, l’impatto della plastisfera di fiumi e laghi potrebbe avere una portata ben più vasta. I resti di plastica rivestiti con biofilm possono percorrere potenzialmente lunghe distanze, espandendo l’impatto geografico della plastisfera trasportata dalle correnti.

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