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In mare, non esiste plastica biodegradabile

Secondo una ricerca dell’Institut de Ciències del Mar di Barcellona, la plastica PLA usata per piatti, bicchieri e posate monouso “sostenibili” non si degrada in mare più rapidamente di polistirene o del comunissimo polietilene

Plastica biodegradabile: in mare, è uguale a quella fossile
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Lo studio sulla plastica biodegradabile è apparso su Marine Environmental Research

(Rinnovabili.it) – Dagli anni ’50 sono stati prodotti circa 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, di cui il 60% è finito in discarica. O più spesso disperso nell’ambiente, con la maggior parte che finisce in mare. E ci resta per tempi lunghissimi. Anche se si tratta di plastica biodegradabile, in teoria ben più rapida a degradarsi. La realtà è che i tempi sono praticamente uguali a quelli dei polimeri di origine fossile.

Secondo uno studio dell’Institut de Ciències del Mar di Barcellona, la plastica PLA – quella usata per piatti, bicchieri e posate monouso “sostenibili” – non si degrada in mare più rapidamente di altre materie plastiche a base di petrolio come il polistirene (il comune polistirolo) o il comunissimo polietilene (quasi il 40% della plastica mondiale è PE). Eppure è una plastica biodegradabile di origine biologica.

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Per biodegradarsi rapidamente, la plastica PLA ha bisogno di temperature attorno ai 60°C e non è sufficiente una buona irradiazione solare per avviarne la fotodegradazione. “Il fatto che la plastica sia biodegradabile non significa che si degradi in tutte le condizioni. Per esempio, la plastica compostabile ha bisogno di temperature superiori ai 50°C per essere biodegradata, e questo non avviene nell’oceano o in molti altri ambienti naturali”, spiega Cristina Romera-Castillo, co-autrice dello studio apparso su Marine Environmental Research.

Da cui emerge un altro dato interessante: la plastica “vecchia” inquina molto di più di quella “nuova”. Secondo le stime degli autori, ogni anno la plastica presente in mare rilascia 57.000 t di carbonio, più del doppio di quanto suggerito finora da studi precedenti. “Questo perché la plastica perde gli additivi che la proteggono dalla degradazione a causa dell’impatto della luce solare e dell’erosione, portando a un maggiore rilascio di composti chimici nell’acqua, sia dal polimero stesso che dagli additivi, che danno alla plastica la sua forma, colore, flessibilità e altre proprietà”, continua la ricercatrice.

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