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Quali piante potrebbero disintossicare l’acqua contaminata da PFAS?

Uno studio dell’Università dell’Australia Meridionale e CSIRO ha dimostrato che è possibile rimuovere le sostanze organiche altamente fluorurate dalle acque superficiali con l’utilizzo di alcune piante native australiane.

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CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=203743

Un meccanismo di bonifica naturale per i PFAS

(Rinnovabili.it) – Gli PFAS sono generalmente ritenuti indistruttibili, ma qualcosa sta cambiando. Uno studio dell’Università dell’Australia Meridionale ha infatti mostrato come alcune piante sarebbero in grado di ripristinare lo stato dell’acqua contaminata da quelle molecole.

La ricerca, svolta in collaborazione con CSIRO, ha utilizzato giunchi nativi australiani, che hanno rimosso gli PFAS dalle acque contaminate. Le specie considerate sono Phragmites australis, Baumea articulata e Juncus kraussii. In particolare la prima, nota come cannuccia di palude, ha mostrato un’efficacia tra il 42 e il 53% nella rimozione.

Rimuovere le molecole indistruttibili con le piante

L’agenzia di protezione ambientale americana ha affermato che l’esposizione agli PFAS può avere effetti negativi sulla salute. Tra le conseguenze accertate ci sono un calo di fertilità, ritardi nello sviluppo dei bambini e l’aumento del rischio di alcuni tumori. In generale le molecole abbassano le capacità immunitarie, alzano il colesterolo e il rischio di obesità.

“Gli PFA sono spesso indicati come ‘forever chemicals’ perché non si rompono, ma si accumulano nell’ambiente e nei nostri corpi dove possono causare effetti negativi sulla salute”, ha detto il dottor Awad. “La nostra ricerca ha testato l’efficacia dei giunchi australiani per rimuovere i prodotti chimici PFAS dalle acque piovane, trovando che Phragmites australiswas sia il più efficace ad assorbire sostanze chimiche attraverso le sue radici e germogli”.

Il problema degli PFAS in Australia è legato soprattutto all’uso di schiuma antincendio, che rilascia le molecole che poi si accumulano sulle acque superficiali dei corsi d’acqua. Lo studio ha individuato un meccanismo affinché, nelle zone interessate, le piante si sviluppino idroponicamente. In questo modo si determinerebbe un meccanismo di “bonifica naturale”. “Le zone umide galleggianti costruite possono essere facilmente installate in ambienti urbani esistenti, come ad esempio serbatoi e bacini di ritenzione, rendendole altamente manovrabili e adattabili ai corsi d’acqua locali”, ha spiegato Awad. “Inoltre, poiché questo innovativo sistema di trattamento delle acque non richiede il pompaggio o l’aggiunta continua di sostanze chimiche, è un sistema di bonifica conveniente per la rimozione dei PFAS”.