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La minaccia dei PFAS nelle batterie al litio

La battaglia per la decarbonizzazione può avere coni d’ombra. È il caso dei PFAS nelle batterie al litio scoperto da ricercatori USA

pfas nelle batterie al litio
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La presenza di PFAS nelle batterie al litio pone domande alla mobilità elettrica

L’uso di una nuova sottoclasse di PFAS nelle batterie al litio rappresenta una fonte crescente di inquinamento dell’aria e dell’acqua. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature. I test condotti dal team della Texas University che ha realizzato il lavoro hanno inoltre scoperto che questi PFAS, denominati bis-perfluoroalchil sulfonimmidi (bis-FASI), presentano una persistenza ambientale e un’ecotossicità paragonabili a composti più noti, come l’acido perfluoroottanoico (PFOA).

Le batterie agli ioni di litio sono una componente fondamentale della crescente infrastruttura per l’energia pulita, con utilizzi nelle auto elettriche e nell’elettronica. Si prevede che la domanda crescerà in modo esponenziale nel prossimo decennio. Tuttavia, questa innovazione presenta un nuovo dilemma. Ridurre le emissioni di gas serra resta infatti fondamentale, ma non dovrebbe avere l’effetto collaterale di aumentare l’inquinamento da PFAS. I ricercatori raccomandano quindi di sviluppare tecnologie, controlli e soluzioni di riciclo che contrastino la crisi climatica senza rilasciare inquinanti altamente recalcitranti.

“Gli studi stimano che solo il 5% delle batterie al litio venga riciclato”, scrivono i ricercatori. Questo significa che il settore potrebbe produrre circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti entro il 2040. “Inoltre, il riciclo delle batterie al litio potrebbe comportare il rilascio di bis-FASI nell’ambiente”. In sintesi, “esiste il potenziale per rilasci ambientali diffusi di PFAS durante la produzione di elettroliti, fluoropolimeri e batterie al litio, anche durante l’uso, il riciclo e lo smaltimento del prodotto”.

Un problema scoperto con i campionamenti ambientali

Per scoprire il problema dei bis-FASI, i ricercatori hanno campionato aria, acqua, neve, suolo e sedimenti vicino a stabilimenti in Minnesota, Kentucky, Belgio e Francia. Le concentrazioni trovate sono elevate. I dati suggeriscono che le emissioni atmosferiche di bis-FASI potrebbero anche avere un impatto a lungo raggio, interessando aree lontane dai siti di produzione. Inoltre, l’analisi di diverse discariche municipali nel sud-est degli Stati Uniti ha indicato che questi composti possono entrare nell’ambiente attraverso lo smaltimento di prodotti, tra cui le batterie al litio.

Concentrazioni di bis-FASI simili a quelle trovate nei siti di campionamento possono modificare i processi metabolici energetici degli organismi acquatici. Anche se la tossicità dei bis-FASI negli esseri umani non è ancora stata studiata, altri PFAS sono collegati a cancro, infertilità e gravi danni alla salute.

Proprio come altri PFAS, anche i bis-FASI non si scompongono durante l’ossidazione. Tuttavia, le concentrazioni di bis-FASI nell’acqua possono essere ridotte utilizzando carbone attivo granulare e scambio ionico. In pratica, gli stessi metodi già utilizzati per rimuovere i PFAS dall’acqua potabile

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