Una serie di studi fanno luce sulla correlazione tra l’esposizione alle sostanze perfluroalchiliche e la gravità e la letalità dell’infezione da Covid-19
Gli Pfas sono usati in molti processi industriali
(Rinnovabili.it) – Più sei stato esposto agli Pfas, più è alta la probabilità che tu contragga il Covid-19, sviluppi sintomi gravi e che il coronavirus sia fatale. È l’ipotesi attorno a cui ruota una serie di studi scientifici che durante la pandemia hanno indagato l’impatto sulla salute dei “forever chemicals”, sostanze note per compromettere la risposta immunitaria dell’organismo. Manca la pistola fumante, cioè un grado di certezza sufficiente per affermare che la correlazione esiste al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma le prove circostanziali abbondano.
Le sostanze perfluroalchiliche (Pfas) sono usate in molti processi industriali soprattutto per le ottime proprietà di impermeabilizzazione e l’alta resistenza. Resistenza anche alla degradazione per via naturale. Tanto che la contaminazione da Pfas dell’ambiente è considerata perenne e riesce a scalare l’intera catena alimentare. Arrivando anche all’uomo. E accumulandosi. Negli anni sono stati accertati gravi problemi di salute legati a queste sostanze, tra cui l’interferenza con la produzione ormonale, l’insorgenza di tumori, anomalie del sistema nervoso.
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E interferenza con la capacità del sangue, attraverso il plasma, di sviluppare una risposta immunitaria efficiente. Proprio questa caratteristica è l’indiziata numero 1 per acclarare le responsabilità degli Pfas nel contagio da Covid-19. Uno studio su oltre 300 pazienti danesi mostra che la presenza di uno di questi composti, il Pfba, aumenta in modo particolare la probabilità di contrarre in forma grave il Covid perché si accumula nei polmoni.
L’esposizione locale a Pfas in correlazione diretta con tassi maggiori di infezioni e di casi gravi è riscontrata anche in altri due studi. Uno svedese, dove il confronto tra due città vicine registra un tasso del 19% più alto per quella con contaminazione da forever chemicals. L’altro cinese, basato sull’esame delle urine di 160 pazienti di due province molto inquinate. Condizioni simili a quelle riscontrate un anno fa da uno studio condotto in Veneto, regione tra le più colpite in Italia dagli Pfas.