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Pesticidi nel cibo: in Italia aumentano i veleni nel piatto

Legambiente e Alce Nero presentano il dossier Stop pesticidi nel piatto 2022. I dati peggiorano rispetto all’anno scorso, anche se resta stabile la percentuale -meno dell’1%- di campioni che superano le soglie consentite

Pesticidi nel cibo: in Italia aumentano i veleni nel piatto
Foto di Engin Akyurt da Pixabay

Il 44% dei campioni mostra pesticidi nel cibo, contro il 37% del 2021

(Rinnovabili.it) – Più di 4 volte su 10, i cibi che cuciniamo e portiamo a tavola contengono residui di prodotti fitosanitari. Un dato in peggioramento rispetto all’anno scorso: il 44,1% contro il 37%. I pesticidi nel cibo non superano quasi mai le soglie consentite, ma il 14,3% ha traccia di un prodotto mentre quasi il 30% è contaminato da almeno due tipi diversi di pesticidi.

Come negli anni passati, anche l’edizione 2022 del dossier Stop pesticidi nel piatto di Legambiente conferma che la frutta è la categoria più colpita. Più del 70% dei campioni contiene uno o più residui. Va appena meglio con la verdura, dove il 65,5% dei campioni analizzati risulta senza residui. I peggiori per pesticidi nel cibo? L’uva da tavola (88,3%), le pere (91,6%) e i peperoni (60,6%). Tra gli alimenti trasformati, invece, il vino e i cereali integrali sono quelli contaminati più spesso, rispettivamente circa il 61,8% e il 77,7%. Tra i fitosanitari che più finiscono nella nostra dieta troviamo Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram. Cioè insetticidi e funghicidi. Vanno invece molto meglio i piccoli frutti (more, lamponi e bacche), categoria dove la percentuale più alta di irregolarità riscontrata da Legambiente è di appena meno del 6%.

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Su pesche, arance e peperoncini le analisi dell’ong ambientalista ha trovato invece tracce di Dimethoate, “sostanza attiva di cui l’EFSA non ha potuto escludere il potenziale genotossico”, vietato ma con deroghe per fare fronte alla cosiddetta mosca dell’olivo. Anche se sono vietati da oltre 40 anni, ci sono anche tracce di composti legati al DDT: colpa dell’”effetto cavalletta” per cui le molecole sono trasportate a lunghe distanze grazie al ciclo di evaporazione e precipitazione dell’acqua.

“Dall’analisi dei dati rilevati – ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – emerge chiaramente la necessità di intraprendere la strada dell’agroecologia con ancora più determinazione, mettendo in atto, in maniera convinta e senza tentennamenti, quanto stabilito dalle direttive europee Farm to fork e Biodiversity 2030“.

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