Il rapporto di PAN Europe sui residui di pesticidi nel 2011-2019
(Rinnovabili.it) – Crescono del 53% in meno di 10 anni le tracce di pesticidi sulla frutta e sulla verdura vendute in Europa. Lo ha stabilito uno studio di Pesticide Action Network (PAN) Europe su un campione molto ampio, di circa 100mila test, effettuati nei diversi paesi UE.
Un risultato che contraddice i dati ufficiali forniti da Bruxelles. Secondo la Commissione, infatti, nel 2019 i residui di prodotti fitosanitari sugli alimenti sarebbe calato del 12% rispetto al periodo 2015-2017. Usando gli stessi parametri temporali, PAN rileva un aumento dell’8,8%.
Sempre più pesticidi nel piatto
Tra il 2011 e il 2019, l’aumento di tracce di pesticidi è un dato trasversale ai prodotti e ai paesi europei. Prendiamo i kiwi ad esempio: all’inizio dello scorso decennio risultano contaminati da sostanze tossiche solo quattro frutti su 100, mentre oggi la percentuale è salita al 32%. Aumento simile anche per le ciliegie. Oggi ha tracce di pesticidi una ciliegia su due rispetto a 1 su 5 nel 2011.
“L’aumento della frequenza di frutta e verdura contaminata venduta ai consumatori va di pari passo con l’aumento dell’intensità dei pesticidi utilizzati, con un uso sempre maggiore di combinazioni di sostanze chimiche, sostanze che dovrebbero essere gradualmente eliminate in Europa”, si legge nel rapporto.
Anche per questo aspetto i dati sono molto chiari. Nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili dati, ben metà delle pere prodotte in Europa erano contaminate con almeno 5 sostanze diverse. In alcuni paesi, la situazione è anche peggiore: in Belgio vale per l’87% delle pere e in Portogallo per l’85%.
“I consumatori si trovano ora in una posizione orribile, a cui viene detto di mangiare frutta fresca, gran parte della quale è contaminata con i residui di pesticidi più tossici legati a gravi impatti sulla salute”, commenta Salomé Roynel di PAN Europe. “È chiaro che i governi non hanno alcuna intenzione di vietare questi pesticidi, qualunque sia la legge. Hanno troppa paura delle lobby agricole, che dipendono da potenti sostanze chimiche e da un modello agricolo in crisi”.