Ogni anno 70 miliardi di acque reflue generate dal solo settore tessile causano un preoccupante inquinamento da coloranti
Non servono sistemi di gestione centralizzati, devono essere le imprese a limitare l’inquinamento da coloranti
(Rinnovabili.it) – Sono ampiamente utilizzati nell’industria tessile, alimentare e farmaceutica. Ma rappresentano una minaccia grave per la salute delle piante, degli animali e dell’uomo, nonché per gli ecosistemi di tutto il mondo. Sono i coloranti sintetici, che contaminano miliardi di tonnellate di acque reflue ogni anno. L’inquinamento da coloranti dev’essere quindi affrontato al più presto, secondo un gruppo internazionale di ricercatori.
Da un lato suggeriscono di rivedere le norme alla base della produzione tessile e industriale, dall’altro di sviluppare tecnologie sostenibili. Tra queste, una nuova filtrazione su nanoscala basata su membrana. Meglio sarebbe comunque obbligare i produttori industriali a eliminare i coloranti prima che raggiungano le reti fognarie pubbliche o i corsi d’acqua.
Obbligare le imprese a non ripulire le filiere
Il lavoro che analizza l’impatto dell’inquinamento da coloranti è stato pubblicato la scorsa settimana su Nature Reviews Earth & Environment. La ricerca evidenzia che attualmente fino all’80% delle acque reflue industriali contenenti coloranti nei paesi a basso e medio reddito vengono rilasciate non trattate nei corsi d’acqua o utilizzate direttamente per l’irrigazione. Ciò pone una serie di minacce dirette e indirette alla salute umana, animale e vegetale.
Nessuno però sta facendo nulla per arginare il problema. Data la complessità che comporta trattare delle acque reflue contenenti coloranti, una soluzione sarebbe quella di passare da metodi centralizzati o regionali a un sistema decentralizzato. Serve un trattamento sito-specifico alla fonte, con obblighi per le industrie a rimuovere i coloranti dalle acque reflue che producono prima che raggiungano i sistemi idrici pubblici.
L’industria tessile è la maggiore consumatrice di coloranti come la mauveina. Dal 1865, quando è stata scoperta, sono stati sintetizzati più di 10 mila tipi diversi di coloranti, con una produzione globale annua stimata oggi in 1 milione di tonnellate. Vengono utilizzati nell’industria della gomma, della concia della pelle, della carta, in quella alimentare, farmaceutica e cosmetica. Tuttavia, l’80% prende la via dell’industria tessile, che genera circa 70 miliardi di tonnellate di acque reflue contaminate da coloranti ogni anno.
L’impatto dei coloranti sull’ambiente e la salute
I coloranti non trattati causano la colorazione dei corpi idrici, riducendo il grado di luce visibile che passa attraverso lo strato superficiale. Così, ostacolano la fotosintesi delle piante acquatiche e creano impatti lungo la catena alimentare. La soppressione del trasferimento di energia e sostanze nutritive lungo la catena alimentare può causare il collasso di interi ecosistemi acquatici.
Anche i pesci soffrono di questo inquinamento da coloranti. Le sostanze si depositano infatti nelle branchie e penetrano nel cervello, provocando effetti tossicologici come movimenti scoordinati, difficoltà respiratorie, danni al fegato e disfunzioni renali. Questi effetti non solo riducono il valore nutrizionale dei pesci per i predatori, ma abbassano anche i loro tassi di riproduzione.
Impatti negativi dei coloranti si riscontrano anche sulla terra, dove disturbano l’equilibrio delle comunità microbiche nel suolo, e negli esseri umani. L’esposizione ai coloranti può infatti scatenare allergie, asma, dermatiti e disturbi del sistema nervoso centrale. Aumentano perfino il rischio di cancro.
Di fronte a tutto ciò, la politica non può più restare a guardare, secondo gli scienziati. Serve prendere coscienza del problema e affrontarlo al più presto.