Anche se l’Onu non ha ancora preparato il regolamento globale per il deep sea mining, i lsuo ente che si occupa di fondali oceanici, l’ISA, ha dato l’ok a una compagnia sponsorizzata da Nauru per recuperare 3.600 t di noduli polimetallici da adesso fino a dicembre. La spedizione sarà monitorata da una dozzina di scienziati indipendenti, assicura l’azienda
La NORI dragherà i fondali della Clarion-Clipperton Zone, area ricca di miniere sottomarine
(Rinnovabili.it) – Senza troppo chiasso, l’Onu ha dato il via libera alla prima spedizione sperimentale di deep-sea mining. È la prima volta in oltre 50 anni che l’Autorità internazionale dei fondali marini (ISA) dà l’ok a un test del genere. Ma quello che ha stupito gli osservatori è che la luce verde sia arrivata senza troppi riguardi per le conseguenze ambientali dello sfruttamento delle miniere sottomarine.
Sul fondo della Clarion Clipperton Zone
L’ISA e la compagnia mineraria, la Nauru Ocean Resources Inc (NORI), fanno sapere che è tutto in regola. La spedizione sarà monitorata costantemente da “scienziati indipendenti di una dozzina di importanti istituti di ricerca”. Il loro compito sarà quello di “fornire dati critici sull’impatto ambientale per informare la richiesta di NORI all’ISA per un contratto di sfruttamento” che potrebbe essere rilasciato in futuro, fa sapere l’azienda, sussidiaria della canadese The Metals Company.
Nello specifico, il robot collettore di NORI si immergerà a grandi profondità nell’oceano Pacifico, in corrispondenza della Clarion Clipperton Zone. Si tratta di una vasta pianura, lunga più di 5.000 km, posta a una profondità di 4.000-5.500 metri, dove si ritiene si trovi la maggior concentrazione al mondo di noduli polimetallici. Ovvero di grumi di metalli essenziali per la transizione energetica, grandi come una patata, che si formano in corrispondenza delle fratture tettoniche e contengono rame, litio, nickel, cobalto, ferro, manganese e terre rare.
Come saranno raccolti questi noduli? Tutti i prototipi ideati finora prevedono un robot grande all’incirca come un trattore in grado di dragare il fondale, aspirare le “patate”, e inviarle verso la superficie. Il prototipo testato da NORI non fa eccezione. “Il partner strategico offshore di NORI, Allseas, testerà un sistema composto da un prototipo di raccoglitore di noduli sul fondo del mare e dal sistema di risalita per portare i noduli alla nave di produzione di superficie, Hidden Gem”, spiega una nota della compagnia. “Si prevede di raccogliere circa 3.600 tonnellate di noduli polimetallici durante la sperimentazione che inizierà alla fine di questo mese e si concluderà nel quarto trimestre del 2022”.
I danni delle miniere sottomarine
Il permesso garantito a NORI arriva a sorpresa. L’ISA da un anno e mezzo sta lavorando a ritmi serrati per produrre un regolamento globale sullo sfruttamento delle miniere sottomarine. Perché finora è stato il far west. Dovrebbe essere pronto per metà 2023, ma c’è un ma.
La grande incognita è l’impatto ambientale. Il deep-sea mining è un’attività nuova e i fondali oceanici sono uno degli ecosistemi meno studiati in assoluto dalla scienza (perché di difficile accesso). Quindi di studi scientifici su cosa succede a flora e fauna, quali sono le conseguenze dell’inquinamento acustico, come si distribuiscono i sedimenti sollevati dal dragaggio, praticamente non ce ne sono.
Per questo motivo si sono moltiplicate le richieste di cautela. La IUCN, la più grande organizzazione conservazionista al mondo, ha chiesto una moratoria globale durante il suo ultimo congresso. L’idea è di studiare prima gli effetti delle miniere sottomarine e solo poi, eventualmente, approvare questa attività minimizzandone l’impatto. Sulla stessa linea anche alcuni stati insulari del Pacifico, gli stessi che potrebbero beneficiare di queste risorse minerarie (Palau e Fiji). Sono invece favorevoli Nauru, che sponsorizza NORI, Kiribati e Tonga.
Uno dei pochissimi studi prodotti sul tema ha messo ulteriormente in guardia. I ricercatori della Queen’s university di Belfast sostengono che le miniere sottomarine metterebbero a serio rischio estinzione 114 delle 184 specie di molluschi che vivono esclusivamente nei pressi dei camini idrotermali, dove appunto si formano i noduli.
In alcune aree dove sono stati fatti tentativi sperimentali di sfruttamento delle miniere sottomarine, l’ecosistema in decenni non si è ancora ripreso del tutto, notava già un anno fa Pierre-Marie Sarradin, scienziato che guida la ricerca sugli ecosistemi profondi presso Ifremer, un centro di ricerca marina in Francia.