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Le miniere sottomarine inquinano: il video del 1° test

Gli scienziati chiamati dalla stessa The Metal Company a monitorare il test sul campo hanno denunciato lo sversamento in mare dei residui di roccia e sedimenti prelevati dal fondale marino durante il test nella Clarion Clipperton Fracture Zone

Miniere sottomarine: lo IUCN chiede una moratoria globale sul deep sea mining
By Abramax – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26131738

Quest’anno l’Isa dovrebbe dare il via libera allo sfruttamento delle miniere sottomarine

(Rinnovabili.it) – Tutte le rassicurazioni dei pionieri della nuova industria si sono infrante al primo vero test sul campo. Le miniere sottomarine non sono rispettose di un ecosistema così delicato e poco conosciuto come quello oceanico. Tutto il contrario. E la pratica del deep sea mining, l’estrazione di metalli preziosi dagli abissi a 3-5000 metri sotto il livello del mare, dovrebbe essere controllata prima del dispiegamento su larga scala.

Il primo test per le miniere sottomarine

A dirlo non sono i (molti) critici del deep sea mining ma gli stessi scienziati assoldati dalla The Metals Company, un’azienda canadese pioniera delle miniere sottomarine, per monitorare il rispetto dell’ambiente. E’ finita così: gli scienziati hanno strabuzzato gli occhi, filmato cosa succedeva e reso pubblico il materiale.

Cosa si vede nel video? Lo sversamento costante dalla fiancata della nave in mare di quintali e quintali di rocce di scarto in corrispondenza della Clarion Clipperton Fracture Zone, una delle dorsali più ricche al mondo di noduli polimetallici e minerali preziosi dove la compagnia stava regolarmente svolgendo il primo test.

Un procedimento difettoso, secondo gli scienziati, che hanno anche messo l’accento sulle carenze nella strategia di monitoraggio ambientale preparata dall’azienda canadese. La quale minimizza: parla di un “evento minore” e lo descrive come “uno straripamento di acqua di mare mescolata a una piccola quantità di sedimenti e frammenti di noduli, che non contengono livelli tossici di elementi pesanti e non hanno il potenziale per causare danni all’ambiente marino”.

I dubbi attorno al deep sea mining

Che sia un incidente di percorso o meno, questo episodio accende di nuovo i riflettori sulle troppe accelerazioni date in questi anni all’iter di autorizzazione del deep sea mining. L’Isa, cioè l’International Seabed Authority, sta procedendo a tappe forzate su pressione di Nauru per completare il quadro regolatorio entro il 2023. Alcuni paesi insulari, infatti, mirano da tempo alle ricchezze degli abissi, mentre altri sono ben più cauti -come Palau e Fiji– e chiedono una moratoria internazionale.

Moratoria che viene chiesta anche dallo Iucn, la più grande organizzazione conservazionista al mondo. Troppo elevati i rischi di causare danni irreversibili e di lunga durata, se prima non vengono effettuati studi accurati sul possibile impatto delle miniere sottomarine. Il problema è che questi ecosistemi sono quasi del tutto sconosciuti, anche oggi, perché di difficile accesso. Così gli studi che parlano con qualche dato dei possibili danni si contano sulle dita di una mano. Uno dei timori è che l’inquinamento della colonna d’acqua possa avere influenze negative su una gran quantità di specie marine, anche per decenni.