Secondo uno studio realizzato da scienziati della Stanford University e della University of British Columbia, i mini-reattori nucleari produrranno molte più scorie rispetto alle centrali convenzionali. Anche di 30 volte.
I mini-reattori nucleari sono modulari, più veloci da assemblare e meno costosi
(Rinnovabili.it) – La Gran Bretagna di Boris Johnson ha fatto dei Small Modular Reactors (SMR) un pilastro della sua politica energetica, per rimpiazzare in fretta gli impianti obsoleti che chiuderanno nei prossimi anni. È in buona compagnia insieme a Stati Uniti, Russia e Argentina, ma anche Cina, Canada, Corea del Sud. E per tornare in Europa, la Francia. Macron l’anno scorso ha stanziato 1 miliardo di euro nel piano France 2030 per sviluppare mini-reattori nucleari con design NUWARD. Obiettivo: “far emergere in Francia reattori nucleari piccoli e innovativi con una migliore gestione delle scorie”. Ma proprio il combustibile esausto può diventare la pietra d’inciampo del nucleare di nuova generazione.
Secondo uno studio realizzato da scienziati della Stanford University e della University of British Columbia, i mini-reattori nucleari produrranno molte più scorie rispetto alle centrali convenzionali. Anche di 30 volte. A seconda del design, infatti, gli autori del lavoro pubblicato su Pnas sostengono che il volume di scorie radioattive “può aumentare di un fattore da 2 a 30”. Un punto a sfavore per gli SMR, considerati più convenienti per via dei costi contenuti, della possibilità di costruirli in fabbrica invece che in sito, e quindi dei tempi di realizzazione inferiori.
È così per tutti i mini-reattori nucleari? Non necessariamente. Lo studio considera solo 3 dei circa 30 design avanzati oggi disponibili o in via di sviluppo, ovvero gli SMR raffreddati ad acqua, a sali fusi e al sodio. Tuttavia “la perdita di neutroni intrinsecamente più elevata associata agli SMR”, scrivono gli autori, “suggerisce che la maggior parte dei progetti è inferiore agli LWR [i reattori ad acqua leggera] per quanto riguarda la generazione, la gestione e lo smaltimento finale dei radionuclidi chiave nei rifiuti nucleari”.
Un tallone d’Achille per i mini-reattori nucleari
I punti critici delle scorie degli SMR sarebbero principalmente due: i volumi e come gestire la radioattività delle scorie. Sul primo, lo studio afferma che “l’eccesso di volume di rifiuti è attribuito all’uso di riflettori neutronici e/o di combustibili e refrigeranti chimicamente reattivi nei progetti SMR”. Sul secondo, lo studio nota che il combustibile esausto dei mini-reattori nucleari “conterrà concentrazioni relativamente elevate di nuclidi fissili, che richiederanno nuovi approcci per valutare la criticità durante lo stoccaggio e lo smaltimento”. E questo vale in generale per gli SMR, al di là dei 3 design studiati: “Poiché le proprietà dei flussi di rifiuti sono influenzate dalla fuoriuscita di neutroni, un processo fisico di base che è potenziato nei noccioli dei reattori di piccole dimensioni, gli SMR aggraveranno le sfide della gestione e dello smaltimento dei rifiuti nucleari”.
Una conclusione che contraddice totalmente la tesi degli avvocati dei mini-reattori nucleari, che indicano gli SMR come una soluzione che riduce anche dell’80% queste problematiche rispetto agli impianti di terza generazione avanzata. Secondo gli autori dello studio, tutto dipende dalle metriche di riferimento. I fan degli SMR usano di solito soltanto massa e radiotossicità, mentre il lavoro pubblicato su Pnas valuta anche altri fattori che incidono sulla sicurezza e costi della gestione delle scorie, come le proprietà fissili, radiologiche, fisiche e chimiche del combustibile esausto.
– lm