Un nuovo documento commissionato dall'High Level Panel for a Sustainable Ocean Economy chiede un'azione urgente per affrontare la dipendenza dei paesi in via di sviluppo dall'acqua in bottiglia
(Rinnovabili.it) – Concentrarsi sul miglioramento dell’approvvigionamento idrico nei paesi in via di sviluppo potrebbe essere un’azione efficace per combattere il problema globale legato ai rifiuti in plastica. È un gruppo di esperti a indicarlo in un “Blue Paper” commissionato da High Level Panel for a Sustainable Ocean Economy. Il documento sottolinea con forza come il problema sia stato, fino ad oggi, ampiamente sottostimato.
Ogni anno vengono prodotte centinaia di miliardi di bottiglie d’acqua in plastica e per le persone che vivono in paesi poveri o in via di sviluppo vi sono ben poche alternative. In molte nazioni, infatti, la fornitura idrica può essere contaminata o non sicura. Come sottolinea Brajesh Dubey, professore di ingegneria civile presso l’Istituto indiano di tecnologia di Kharagpur, coautore della “Blue Paper”, “il sistema di approvvigionamento idrico ha problemi con la qualità dell’acqua fornita”. La soluzione più ovvia “è la costruzione di un’infrastruttura sicura di approvvigionamento idrico in grado di garantire un rifornimento di qualità”.
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Gli autori e altri esperti hanno discusso le azioni utili per consentire a governi, imprese, comunità e ONG di lavorare congiuntamente sul problema. Come spiega Richard Connor, caporedattore al World Water Report delle Nazioni Unite, “senza dubbio, l’accesso a una fornitura d’acqua potabile sicura ed economica ridurrebbe in modo significativo la quantità di plastica utilizzata, e poi buttata, per fornire acqua a popolazioni non servite”. Un approvvigionamento idrico sicuro deve però essere accompagnato da fognature e raccolte di rifiuti solidi, come aggiunge Jonathan Farr, analista politico presso l’ente benefico WaterAid. “Ci sono 2 miliardi di persone senza un approvvigionamento idrico gestito in modo sicuro. Non si possono immaginare paesi resilienti o prosperi senza questo servizio”.
Ma anche nei paesi ricchi le persone, nonostante abbiano la possibilità di affidarsi a un approvvigionamento idrico sicuro, bevono spesso acqua in bottiglia. Per Connor una buona pratica è quella attuata dall’Italia, dove, prima della crisi dovuta a COVID-19, venivano istallati sempre più chioschi d’acqua comunali gratuiti o che offrivano ricariche a costi bassissimi.
Come indica Dubey, visto che “le bottiglie sono in genere di PET che ha buone possibilità di riciclo”, un’altra azione utile sarebbe quella di creare “adeguati sistemi di raccolta a livello locale per il riciclaggio”. Infatti costruire, in decine di paesi che ne hanno bisogno, reti di approvvigionamento idrico sicuro e fognature “non avverrà dall’oggi al domani”. Anne Katrine Normann e Jan-Gunnar Winther, del norvegese Centre of the Ocean and the Arctic, hanno indicato nei sistemi di deposito e restituzione delle bottiglie in plastica usate un servizio che “faciliterebbe sia il riutilizzo che il riciclaggio”.
L’azione primaria rimane, come sempre, quella di “informare continuamente le persone sul trattamento dei rifiuti e sugli impatti ambientali della plastica” così da cambiare, con tempo e impegno, l’atteggiamento e le azioni dei consumatori in tutto il mondo.
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