Dalla cima delle montagne più alte ai fondali più oscuri degli oceani, le microplastiche sono presenti ovunque sul Pianeta così come nei nostri corpi, interessando sangue, placenta, latte materno e, per la prima volta, sono state trovate anche nelle urine.
La scoperta arriva da un studio del progetto di biomonitoraggio EcoFoodFertility e pubblicato su Toxics.
Il team di ricercatori che ha dimostrato la presenza di microplastiche nelle urine
L’indagine è nata dalla collaborazione del team di ricerca coordinato dalla Professoressa Oriana Motta del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Salerno, di quello coordinato dalla Professoressa Elisabetta Giorgini del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche e di Luigi Montano, l’UroAndologo dell’ASL Salerno coordinatore di EcoFoodFertility e Presidente della Società Italiana della Riproduzione umana.
Le analisi hanno riguardato un campione di sei donatori nelle cui urine sono state cercate tracce di microplastiche. Si trattava di soggetti sani, tra i 16 e i 35 anni, con indici antropometrici nella media e provenienti da diverse aree tra Salerno e l’area Nord di Napoli.
Nei locali del Dipartimento di Medicina di Salerno le Dott.sse Concetta Pironti e Maria Ricciardi si sono occupate di creare un ambiente completamente plastic free per scongiurare ogni eventuale contaminazione delle procedure d’indagine (i campioni, ad esempio, sono stati raccolti in vetro).
L’analisi microspettroscopica Raman che ha individuato tracce di microplastiche nelle urine è stata effettuata dalla Dott.ssa Valentina Notarstefano. La Microspettroscopia Raman è uno strumento di indagine molto sofisticato, fornito all’ateneo marchigiano e che già in passato ha consentito di trovare microplastiche nella placenta e nel latte materno.
Microplastiche nelle urine umane: gli esiti dello studio
Lo studio ha trovato 7 frammenti di materiale polimerico: le microplastiche erano presenti nelle urine di due campioni femminili e 5 maschili, in particelle di dimensioni tra i 4 e 15 micron.
I frammenti riscontrati derivavano dalle plastiche più comuni in uso: polipropilene, polietilene, polivinil cloruro e polivinil acetato. Non si sa di preciso come siano arrivate nelle urine, le origini potrebbero essere varie: cosmetici, detergenti, dentifrici, creme ma anche adesivi o cibi o bevande, oppure potrebbe trattarsi di particelle disperse nell’aria. “L’ingresso nell’organismo umano – hanno spiegato Oriana Motta ed Elisabetta Giorgini – può avvenire attraverso l’alimentazione per via gastrointestinale, l’apparato respiratorio, ma anche attraverso la via cutanea”.
E come sono finite nelle nostre urine? Lo ha spiegato Luigi Montano: “L’escrezione nelle urine, più che dipendere dal passaggio per via glomerulare, troppo selettiva per queste dimensioni, potrebbe avvenire per via peritubulare renale attraverso meccanismi cosiddetti di endocitosi ed esocitosi, sistemi che utilizzano le cellule per inglobare grosse particelle e trasportarle da una parte all’altra”.
Al momento gli studiosi sono al lavoro per identificare le matrici, ma in generale concordano sul fatto che la certezza della presenza di microplastiche nelle urine è un’ulteriore conferma dell’urgenza di affrontare la questione plastica. A maggior ragione visto che è nei nostri corpi e, come suggeriscono molti studi, non sappiamo bene quanto queste particelle influenzino alcuni processi metabolici e in generale il nostro organismo, anche perché possono essere vettori di altri contaminanti che – spiega Montano – “legandosi ad esse procurano ulteriori danni all’interno del nostro organismo a partire proprio dagli organi riproduttivi, particolarmente sensibili agli inquinanti chimici”.