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I prodotti in plastica di uso quotidiano disperdono 1000 mld di microplastiche

Migliaia di miliardi di microplastiche ogni giorno disperse nelle acque. Colpevoli gli oggetti più comuni come articoli per la casa, biberon, contenitori di prodotti per l’igiene o detersivi. Siamo abituati a concepire la plastica solo come prodotto finito, ma essa è composta da micro e nano particelle che vengono costantemente liberate nell’ambiente e che ingeriamo quotidianamente.

microplastiche
via depositphotos.com

Le microplastiche sono ovunque


(Rinnovabili.it) – Una ricerca del National Institute of Standards and Technology (NIST) ha sperimentato la perdita di microplastiche e nanoplastiche dei prodotti di uso più comune. Le conclusioni delle studio sono che, quando esposti ad acqua calda, questi oggetti rilasciano migliaia di miliardi di microplastiche e nanoplastiche per ogni litro di acqua.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Science and Technology. Il chimico del NIST Christopher Zangmeister ha commentato: “Ci sono particelle di plastica ovunque guardiamo. Ce ne sono molte. Trilioni per litro. Non sappiamo se questi hanno effetti negativi sulla salute di persone o animali. Abbiamo solo una grande certezza che siano lì”.

I materiali in plastica sono costituiti da polimeri, si tratta di sostanze che aggregano grandi molecole. Possono essere sostanze naturali o create in maniera artificiale, i ricercatori ne hanno trovato residui negli oceani e in molti altri ambienti. Sono state classificate, a seconda delle dimensioni, in micro e nanoplastiche.

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Le microplastiche sono quelle che hanno una lunghezza inferiore a 5 millimetri e sono visibili a occhio nudo, mentre le nanoplastiche sono più piccole di un micrometro (un milionesimo di metro). Sono così piccole che nemmeno i microscopi tradizionali riescono a vederle.

Gli studi hanno mostrato che molti prodotti di utilizzo quotidiano, creati per contenere liquidi o interagire con essi, rilasciano queste particelle nell’acqua circostante. In particolare questo studio si è concentrato su due tipi di prodotti: i fogli da forno, utilizzati per creare superfici antiaderenti sulle teglie, e le tazze per bevande calde monouso.

Caffè corretto alle microplastiche

Lo studio si è concentrato in particolare sulle tazze monouso, rivestite in polietilene a bassa densità (LDPE). Si tratta di un film plastico morbido flessibile, un rivestimento molto comune. I bicchieri analizzati sono stati messi a contatto con acqua a 100 gradi Celsius per 20 minuti.

“Immaginate di avere una tazza d’acqua in una generica tazza da caffè. Potrebbe contenere molti miliardi di particelle, e dovremmo capire come trovare queste nanoplastiche. È come trovare un ago in un pagliaio” ha raccontato Zangmeister. Isolarle è stato complesso: “Abbiamo preso l’acqua che si trovava nella tazza, l’abbiamo spruzzata in una nebbia fine e lasciato asciugare la nebbia e tutto ciò che rimaneva della soluzione”.

La tecnica era già stata usata per rilevarle le microplastiche nell’atmosfera: “Non stiamo reinventando la ruota, ma applicandola a una nuova area”, ha spiegato lo scienziato.

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Le dimensioni delle particelle individuate

La composizione chimica delle nanoparticelle è stata individuata osservandole con la microscopia elettrica di scansione e la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier. La prima è una tecnica che utilizza un fascio di elettroni ad alta energia per rilevare immagini ad alta risoluzione, la seconda cattura lo spettro di luce infrarossa di una sostanza. L’insieme delle due tecniche ha permesso di avere un’immagine completa delle microplastiche e delle nanoplastiche e di determinarne le dimensioni.

L’osservazione ha condotto alla conclusione che le dimensioni medie delle particelle si attestavano tra i 30 e gli 80 nanometri. Non solo. Ha anche mostrato che il nylon alimentare, a contatto con l’aria calda, rilascia una quantità di microplastiche sette volte superiore alle tazze di bevande monouso.

“Nell’ultimo decennio – ha spiegato Zangmeister – gli scienziati hanno trovato la plastica ovunque abbiamo guardato nell’ambiente. La gente ha osservato la neve in Antartide, il fondo dei laghi glaciali, e ha trovato microplastiche più grandi di circa 100 nanometri, il che significa che probabilmente non erano abbastanza piccole per entrare in una cella e causare problemi fisici”.
Con questa scoperta però cambia qualcosa: “Il nostro studio è diverso perché queste nanoparticelle sono davvero piccole e un grosso problema perché potrebbero entrare all’interno di una cellula, forse compromettendo il suo funzionamento”.

Cosa dicono le autorità di tutela

La U.S Food and Drug Administration (FDA) determina le quantità di microplastiche presenti nel cibo e nell’acqua che ingeriamo. L’agenzia ha individuato le quantità massime di sostanze che possono essere rilasciate senza essere dannose per gli organismi. Le classiche bustine da thè, per esempio, sono composte di nylon alimentare, una sostanza che può perdere in maniera sicura fino all’1% della sua massa se esposta a una temperatura elevata.

Il team di ricercatori ha però rilevato che per alcune sostanze non esistono test e regolamentazioni, come nel caso dell’LDPE delle tazze da caffè. Lo studio appena pubblicato potrebbe essere uno stimolo allo sviluppo ulteriore di questo ambito, così come per altri prodotti. In questo momento il team sta infatti analizzando diversi materiali di consumo come tessuti, poliestere di cotone, sacchetti di plastica.

L’auspicio è che i risultati raccolti sollecitano ulteriori ambiti di ricerca ne settore: “La maggior parte degli studi su questo argomento sono scritti per educare i colleghi scienziati. Questo articolo farà entrambe le cose: educare gli scienziati e fare opera di sensibilizzazione pubblica”, ha commentato Zangmeister.