Lo studio dell’agenzia australiana Csiro, il numero di frammenti di microplastica sul fondo del mare era più elevato nelle aree dove c’era anche una maggiore quantità di rifiuti galleggianti
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – L’oceano come un pozzo di microplastica. Ci sono infatti almeno 14 milioni di tonnellate di pezzi di plastica di larghezza inferiore a 5 millimetri sul fondo dell’oceano. E’ questo il risultato di uno studio dell’agenzia australiana Csiro – pubblicata sulla rivista Frontiers in marine science – che ha analizzato sedimenti oceanici fino a 3 chilometri di profondità (prelevati in sei siti remoti, a circa 380 km dalla costa meridionale del Paese nella Great australian bight).
I ricercatori hanno esaminato 51 campioni e hanno scoperto che, dopo aver escluso il peso dell’acqua, ogni grammo di sedimento conteneva una media di 1,26 pezzi di microplastica. Le microplastiche hanno un diametro di 5 millimetri o meno, e sono per lo più il risultato di oggetti in plastica più grandi che si rompono in pezzi sempre più piccoli. Inoltre il numero di frammenti sul fondo del mare era più elevato nelle aree dove c’era anche una maggiore quantità di rifiuti galleggianti.
Leggi anche Dal Fraunhofer la plastica riciclata che si degrada in meno di un anno
“L’inquinamento da plastica che finisce nell’oceano si deteriora e si decompone, finendo a ridursi in microplastiche – rileva Justine Barrett dell’Oceans and atmosphere del Csiro che ha guidato lo studio – la nostra ricerca fornisce la prima stima globale della quantità di microplastica presente sul fondo marino”.
L’analisi sulla microplastica, trovata in una posizione così remota e a tale profondità – viene spiegato da Denise Hardesty, ricercatrice del Csiro e coautrice della ricerca – offre un’indicazione “sull’ubiquità della plastica: non importa dove ti trovi nel mondo. Questo significa che in acqua si trova ovunque. E ci fa riflettere sul mondo in cui viviamo e sull’impatto delle nostre abitudini di consumo su quello che è considerato un luogo incontaminato. La nostra ricerca ha scoperto che l’oceano profondo è un pozzo di microplastiche”.
La ricercatrice lancia poi un messaggio facendo presente che non è possibile stabilire da quanti anni questi piccoli pezzi di plastica si trovano sul fondo degli oceani né il tipo di oggetto di cui una volta facevano parte: “Dobbiamo assicurarci che il grande mare blu non sia un grande bidone della spazzatura. Questa è un’ulteriore prova che dobbiamo fermare tutto questo alla fonte”. E infatti lo studio, dagli esami al microscopio ha suggerito che una volta queste microplastiche erano quasi certamente prodotti di consumo.
Leggi anche Plastica immortale: le microfibre sintetiche inquinano anche il suolo
Ma per Hardesty il vero punto è che “tutti possiamo contribuire a ridurre la plastica che finisce nei nostri oceani evitando la plastica monouso, sostenendo le industrie australiane di riciclaggio e rifiuti, e smaltendo i nostri rifiuti con attenzione. Il governo, l’industria e la comunità devono lavorare insieme per ridurre in modo significativo la quantità di rifiuti lungo le nostre spiagge e nei nostri oceani”.
I campioni usati per la ricerca facevano parte di una raccolta accessoria a un’indagine di base sulla geologia e l’ecologia delle profondità marine finanziate dal Csiro e dal Great australian bight deepwater marine programme, un programma di ricerca guidato dallo stesso Csiro e sponsorizzato da Chevron Australia.