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L’inquinamento umano raggiunge anche le comunità microbiche sotterranee

Una nuova ricerca ha individuato numerose alterazioni dovute ad inquinanti superficiali umani nelle comunità microbiche sotterranee presenti nei sistemi di grotte e piscine carsiche della Riserva Naturale Integrale del Monte Conca, in Sicilia

comunità microbiche
Di I, Nikater, CC BY-SA 3.0, Collegamento

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto che l’inquinamento provocato dall’uomo contamina anche le comunità microbiche sotterranee 

(Rinnovabili.it) – In Sicilia, a una quarantina di chilometri a ovest di Caltanissetta, c’è la Riserva Naturale Integrale Monte Conca che si estende per 245 ettari in una zona mineraria, formando il sistema carsico più lungo e profondo dell’isola. Qui l’azione dell’acqua ha dato vita a numerose grotte con sorgenti e piscine sotterranee, segnando il territorio anche in superficie. 

A prima vista sembrerebbe un luogo incontaminato, ma microbiologi e geologi dell’Università della South Florida, in collaborazione con i colleghi italiani del Centro Speleologico etneo, hanno scoperto che anche in questa zona le comunità microbiche presenti nelle acque sotterranee mostrano segni di alterazione dovuti ad alti tassi di inquinamento. Spiegano i ricercatori che le grotte formate dalla dissoluzione dell’acido solforico, come quelle del Monte Conca, sono numerosissime in tutto il mondo e “possono ospitare diverse comunità microbiche responsabili della speleogenesi”. Ciò che ancora non è ben chiaro è come “le comunità microbiche cambino in risposta all’entrata delle acque superficiali nelle grotte” ed è proprio su questo aspetto che si è concentrato lo studio pubblicato su PLoS One. 

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Il team, grazie a quattro missioni svoltesi tra il 2015 e il 2016, ha rilevato come, tra la stagione umida e quella secca, l’acqua che scorre nel vasto sistema di grotte sotterranee produca cambiamenti nelle comunità microbiche, in particolare per quanto ne concerne le funzioni ecologiche e la composizione batterica. Nello specifico i microbi della stagione secca erano per il 90% batteri solforiduttori, capaci di compiere la respirazione anaerobica utilizzando numerosi composti ossidati dello zolfo, dall’ossigeno presente nelle grotte, all’idrogeno solforato disciolto nelle acque primaverili. Invece, dopo forti piogge, le comunità microbiche venivano sostituite da batteri ​​superficiali, identificati dai ricercatori come contaminanti umani, tra cui l’Escherichia coli e altri numerosi microbi fecali.

Gli studiosi hanno inoltre identificato un periodo “che sembra mostrare una transizione tra la stagione secca e quella umida, confermata da un aumento della diversità batterica”. In questa fase di transizione le comunità microbiche erano infatti le più eterogenee, con una composizione di potenziali contaminanti antropogenici al 67,3%, di batteri solforiduttori al 13,6% e di batteri in grado di fissare l’azoto al 6,5%. 

Lo studio suggerisce quindi che le acque superficiali, fluendo attraverso le aree agricole e urbane, raccolgano contaminanti poi rilasciati nelle grotte. Madison Davis del Dipartimento di Biologia Cellulare, Microbiologia e Biologia Molecolare dell’Università della South Florida ha comunque sottolineato che rimangono poco noti gli impatti a lungo termine di questi inquinanti sia sulle fonti idriche sotterranee che sull’intero ecosistema. Il caso richiede dunque ulteriori ricerche. 

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