I fondi della Legge Salvamare galleggiano nell’inerzia indifferente della burocrazia. Eppure la legge aveva stanziato 6 milioni di euro da destinare ai sette bacini idrografici italiani che devono raccogliere i rifiuti galleggianti dai fiumi. Il risultato? Nei fiumi galleggiano perfino divani e lavatrici che arriveranno indisturbati al mare
L’inerzia burocratica affonda Legge Salvamare
La Legge Salvamare galleggia nel limbo della burocrazia mentre nei fiumi galleggiano i rifiuti.
Eppure la Legge 17 maggio 2022, n. 60 “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare” (la cosiddetta Legge Salvamare) parla chiarissimo: prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro ripartiti nei tre anni 2024, 2025 e 2026 da destinare ai sette bacini idrografici italiani che devono raccogliere i rifiuti galleggianti dai fiumi.
Cosa prevede la Legge Salvamare per i rifiuti galleggianti nei fiumi?
L’articolo 6 “Misure per la raccolta dei rifiuti galleggianti nei fiumi” recita al comma 1: «Al fine di ridurre l’impatto dell’inquinamento marino derivante dai fiumi, le Autorità di bacino distrettuali introducono, nei propri atti di pianificazione, misure sperimentali nei corsi d’acqua dirette alla cattura dei rifiuti galleggianti, compatibili con le esigenze idrauliche e di tutela degli ecosistemi, alla cui attuazione si provvede anche mediante il programma di cui al comma 2».
Il comma 2 parla espressamente di recupero delle plastiche nei fiumi: «In relazione alle misure di cui al comma 1, entro il 31 marzo2022 il Ministero della transizione ecologica avvia un programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi maggiormente interessati da tale forma di inquinamento, anche mediante la messa in opera di strumenti galleggianti».
Infatti il comma 3 fa riferimento agli stanziamenti sopra citati: «Per le attività di cui al comma 2 è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. […]».
Una storia di ordinaria burocrazia
Perché i rifiuti continuano a galleggiare nei fiumi se un’apposita legge ne prescrive il recupero? La risposta è quasi banale nel suo squallore: i fondi galleggiano nell’inerzia della burocrazia. Un sistema che riesce a ostacolare perfino un’azione per il bene comune. In pratica si oppone a se stesso.
A volte viene da chiedersi come si possono esortare i cittadini ad avere comportamenti responsabili e rispettosi dell’ambiente se il primo cattivo esempio arriva dall’ignavia pubblica.
Marevivo, da sempre sostenitrice delle nuove norme, denuncia la mancanza dei bandi e l’assoluto silenzio. I fiumi sono sempre più inquinati, ma è superfluo chiedersi perché e di chi è la colpa: gli interventi strutturali previsti dovrebbero essere realizzati entro il 2026, invece non si è ancora fatto niente.
È evidente che non si tratta solo di un affare fluviale: i rifiuti, galleggiando, arrivano indisturbati fino al mare.
La relazione annuale sul nulla
Stando alla Legge Salvamare, ogni anno le Autorità di bacino distrettuali sono tenute a inviare al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – entro il mese di settembre – una relazione annuale sullo stato di attuazione degli interventi.
Tale relazione deve riportare gli avanzamenti della spesa effettiva sostenuta e delle opere realizzate, nonché delle attività previste nel programma.
E qui la realtà supera la fantasia: «In caso di mancato avanzamento annuale sull’impiego delle risorse economiche e sull’attuazione degli interventi e attività previste nel programma pari ad almeno il 70% delle risorse stanziate per ogni annualità, l’erogazione delle risorse economiche delle annualità successive è revocata». Ma quali risorse?
L’esempio virtuoso della Sicilia
L’unico esempio virtuoso è offerto dall’Autorità di bacino distrettuale della Sicilia che si adopera per la raccolta dei rifiuti dai fiumi in attuazione della Legge Salvamare.
Tutt’altra musica nel Lazio, dove sia il Tevere che l’Aniene sono ancora in attesa degli sbarramenti previsti.
Proprio sull’Aniene è stata rimossa di recente la barriera installata dalla Regione Lazio nell’ambito di un altro piano regionale. Peccato, perché negli anni aveva permesso di raccogliere tonnellate di rifiuti; sembra però che ci sia la volontà di ripristinarla.
Raffaella Giugni, Segretario Generale di Marevivo, è suo malgrado spettatrice della condizione di degrado del Tevere: “Pochi giorni fa, dalla sede di Marevivo sul Tevere, si assisteva alla scena surreale dello scorrere di frigoriferi, cassettiere, pneumatici e lavatrici lungo le acque del fiume, a dimostrazione dell’urgenza non più prorogabile di installare al più presto ulteriori barriere. L’arrivo dell’inverno e l’intensificarsi delle piogge porteranno sempre più rifiuti nei corsi d’acqua”.
Una scena che può confermare anche chi scrive, che ha visto nel Tevere perfino divani e poltrone.
Si parla dei fiumi e dei mari, ma facciamo anche un giro in campagna e diamo un’occhiata ai rifiuti abbandonati nei fossi o in qualche angolo nascosto: purtroppo la maleducazione ambientale riesce ancora a superare se stessa.