Esposti a livelli di inquinamento atmosferico di molto superiori alle soglie critiche, numerosi cittadini potrebbero aver manifestato sintomi e reazioni più gravi da Coronavirus. Al via un nuovo studio epidemiologico per meglio comprendere i legami tra contagio e smog
Inquinamento e Covid-19: quale il ruolo del particolato nell’epidemia di Coronavirus?
(Rinnovabili.it) – Della possibile correlazione tra inquinamento e Covid-19 se n’è molto discusso. La pessima qualità dell’aria quotidianamente registrata in molte città potrebbe aver giocato un ruolo assai rilevante sia nella trasmissione del virus che nella sintomatologia e, in generale, nella reazione al contagio.
Numerosi cittadini, già seriamente debilitati a livello polmonare e respiratorio a causa di una costante esposizione a livelli d’inquinanti di molto superiori alle soglie critiche previste dall’OMS potrebbero infatti aver accusato sintomi più gravi – o risposte immunitarie meno pronte – rispetto a chi invece in buona salute. Non è d’altra parte un caso che tra le regioni più colpite vi siano Lombardia ed Emilia Romagna (cioè le peggiori per qualità dell’aria, con Bergamo e Brescia in testa).
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Per meglio comprendere il possibile collegamento tra inquinamento e Covid-19, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ed il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente hanno pertanto avviato un nuovo studio epidemiologico a livello nazionale. L’obiettivo è per l’appunto quello di valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico possano essere associati agli effetti sanitari dell’epidemia.
Lo studio si baserà sui dati della sorveglianza integrata nazionale Covid-19, coordinata da Iss e del sistema di monitoraggio della qualità dell’aria atmosferica, di competenza Ispra-Snpa e si avvarrà della collaborazione scientifica della Rete Italiana Ambiente e Salute (Rias), anche per garantire un raccordo con le strutture regionali sanitarie ed ambientali.
“L’emergenza sanitaria della Pandemia di Covid-19 è una sfida per la conoscenza sotto molteplici punti di vista e non solo quelli oggi centrali sul fronte dei vaccini e delle terapie” ha ricordato il Presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, sottolineando però che “altri importanti quesiti di ricerca richiedono sforzi congiunti e l’esempio dello studio odierno che mira ad esplorare il possibile contributo dell’inquinamento atmosferico alla suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2, alla gravità dei sintomi e degli effetti sanitari dell’epidemia”.
Gli obiettivi dello studio verteranno in particolare sul ruolo dell’esposizione a PM nell’epidemia di Covid-19 nelle diverse aree del paese: così come espresso dagli stessi attori, l’intento è quello di chiarire in particolare l’effetto di tale esposizione su distribuzione spaziale e temporale dei casi, sulla gravità dei sintomi e della prognosi, nonché sulla distribuzione e la frequenza degli esiti di mortalità. A tal fine, i ricercatori seguiranno approcci e metodi epidemiologici per lo studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico in riferimento alle esposizioni sia acute (a breve termine) che croniche (a lungo termine), con la possibilità di controllo dei fattori socio-demografici e socio-economici associati al contagio, all’esposizione a inquinamento atmosferico, all’insorgenza di sintomi e gravità degli effetti riscontrati tra i casi di Covid-19.
“Il presunto legame tra inquinamento e Covid-19 e inquinamento è argomento divenuto quotidiano nel dibattito mediatico e non solo, suscitando da più parti teorie ed ipotesi che è giusto approfondire ed a cui è doveroso dare una conferma, per quel che ci riguarda, tecnico-scientifica. Anche per questo abbiamo aderito con entusiasmo alla proposta di collaborazione dell’Iss – ha dichiarato il Presidente di Ispra e Snpa Stefano Laporta.
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