Appello su Science di 7 scienziati contro l’inquinamento spaziale
(Rinnovabili.it) – Dagli oceani allo spazio. Questa settimana quasi 200 paesi hanno finalmente siglato un trattato sulla protezione dell’alto mare, cioè quel 65% degli oceani che non ricade sotto nessuna giurisdizione nazionale. Un accordo globale e vincolante, che dovrebbe ispirare un analogo trattato sull’inquinamento spaziale prima che vecchi satelliti in disuso e detriti di origine antropica diventino troppi per essere gestiti. A chiederlo sono 7 scienziati inglesi e americani in un appello pubblicato sulla rivista Science.
I numeri dell’inquinamento spaziale
Per avere un’idea della dimensione del problema dell’inquinamento spaziale bastano pochi numeri. Secondo i dati dell’Unoosa, l’ufficio dell’Onu per gli affari dello spazio extra-atmosferico, dall’inizio dell’uso umano dello spazio fino a due anni fa sono stati lanciati poco più di 11mila satelliti. Di questi, oltre 7mila sono in orbita. Ma solo poco più della metà sono attivi, gli altri o sono spenti oppure bloccati da qualche guasto.
La situazione è destinata ad esplodere. Quasi 6 satelliti su 10 di quelli che ancora orbitano attorno alla Terra è stato lanciato negli ultimi 6 anni. La tendenza è chiara: andiamo verso un boom. Alcune stime prevedono che entro la fine del decennio, il numero di satelliti in orbita salirà a 60mila.
Ma la fascia di orbita geostazionaria non è popolata solo da satelliti. La maggior parte degli oggetti sono detriti, rottami, pezzi minuscoli di metallo. Quanti? Almeno 100mila miliardi, si calcola. Dagli stadi dei razzi a parti di vecchi satelliti, fino a minuscole viti e pezzi di vernice. Tutti viaggiano a 8 km al secondo attorno al Pianeta. E solo una parte minuscola è monitorata da terra.
Agire subito contro l’inquinamento spaziale
Il pericolo è che questo ammasso di ferraglia spaziale renda l’orbita geostazionaria inutilizzabile o perlomeno molto pericolosa. La soluzione all’inquinamento spaziale? Una governance globale e multilaterale per questo dominio che oggi sfugge ancora a qualsiasi regola. Ed è bene fare in fretta. Evitando gli errori commessi con il trattato sull’alto mare, negoziato per 20 anni. Due decenni durante i quali pesca eccessiva, distruzione dell’habitat, esplorazione mineraria in acque profonde e inquinamento da plastica sono continuate indisturbate – o, nel caso del deep-sea mining, minacciano di andare all’arrembaggio dei fondali senza alcuna regola.
“Il problema dell’inquinamento da plastica, e molte altre sfide che si pongono ai nostri oceani, sta ora attirando l’attenzione globale”, spiega Imogen Napper, una delle autrici dell’intervento su Science. “Tuttavia, l’azione collaborativa è stata limitata e l’attuazione è stata lenta. Ora ci troviamo in una situazione simile con l’accumulo di detriti spaziali. Tenendo conto di ciò che abbiamo imparato dall’alto mare, possiamo evitare di commettere gli stessi errori e lavorare collettivamente per evitare una tragedia dei beni comuni nello spazio. Senza un accordo globale potremmo ritrovarci su una strada simile”.