Manila è il maggior produttore al mondo di nickel, ma ha anche riserve consistenti di rame e oro. Nel 2017 il presidente aveva già ingaggiato una lotta con le compagnie minerarie per raddoppiare l’accisa. La decisione di oggi dettata dai problemi di budget
Dopo aver accusato le compagnie di crimini ambientali, adesso Duterte non teme più l’inquinamento
(Rinnovabili.it) – Le Filippine hanno bisogno di denaro e guardano (di nuovo) alle risorse del sottosuolo. Il presidente Rodrigo Duterte ha stracciato la moratoria sull’apertura di nuove miniere che risale al 2012 ed era stata voluta dal suo predecessore, Benigno Aquino III, per mettere un freno all’inquinamento.
L’ordine esecutivo porta la data del 14 aprile e va a emendare un altro ordine esecutivo di 9 anni fa. La versione originale introduceva una moratoria imponendo il blocco totale alle nuove attività di estrazione di risorse minerarie dal sottosuolo “fino a quando non entrerà in vigore una nuova legislazione che razionalizzi i sistemi e i meccanismi di ripartizione delle entrate esistenti”.
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Il governo può stringere nuovi accordi quindi. Il vincolo da rispettare è sostanzialmente uno, il Philippine Mining Act del 1995. Tutto l’iter sarà in capo al ministero dell’Ambiente che è competente anche per le risorse naturali. Nelle pieghe del provvedimento però sono nascoste delle puntualizzazioni che permettono al governo di Manila di rimettere in discussione anche gli accordi già in essere. Probabilmente per rivedere al rialzo le royalties da versare allo Stato da parte delle miniere in attività.
Le Filippine hanno vaste riserve minerarie, in gran parte ancora da sfruttare. Nel 2017 Duterte era diventato protagonista di un lungo braccio di ferro con le aziende minerarie. Vestiti i panni dell’ambientalista convinto, il presidente si era lamentato dei pesantissimi danni sulla salute e sull’ambiente causati dall’estrazione di minerali e aveva deciso un giro di vite su molte miniere. L’anno dopo era arrivato il risultato a cui puntava: l’accisa sull’estrazione era stata raddoppiata portandola al 4%.
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Le Filippine sono il principale produttore mondiale di nickel, ma il sottosuolo è ricco anche di oro e di rame. Le grandi aziende impegnate nello sfruttamento di queste risorse sono state quasi tutte accusate fin dal 2016, con l’arrivo di Duterte al potere, di essere responsabili di crimini ambientali a causa dell’inquinamento derivante dalle attività estrattive. In alcuni casi, Manila ha deciso effettivamente di chiudere i siti minerari.