L’amministrazione Biden introduce standard per 5 PFAS e dà 3 anni di tempo alle autorità locali per monitorare la situazione. In caso di sforamenti bisognerà intervenire entro 5 anni. Ma i forever chemicals dannosi per l’uomo sono più di 15.000. E il governo non sta facendo nulla per prevenire il fenomeno imponendo regole alle industrie che li producono e impiegano
(Rinnovabili.it) – Per la prima volta, gli Stati Uniti hanno dei limiti all’inquinamento da PFAS nell’acqua potabile fissati per legge. Ma gli standard sono subito stati criticati dagli esperti: sono mirati solo a una manciata delle migliaia di “forever chemicals” esistenti e dannosi per la salute umana.
La norma “ridurrà l’esposizione agli PFAS per circa 100 milioni di persone, preverrà migliaia di morti e ridurrà decine di migliaia di malattie gravi”, spiega la Casa Bianca in una nota. L’esposizione ai forever chemicals – sostanze chimiche quasi impossibili da biodegradare, che tendono ad accumularsi nell’ambiente e nelle catene trofiche – è stata collegata da decine di studi all’insorgere di tumori, a ripercussioni su fegato e cuore, a danni al sistema immunitario e a problemi nello sviluppo di feti, neonati e bambini.
La presenza degli PFAS nell’acqua potabile è un problema di dimensioni considerevoli negli Stati Uniti. Alcuni studi hanno stimato che l’inquinamento da forever chemicals possa riguardare circa 2.800 siti in tutto il paese, ma l’area esposta è molto più ampia proprio perché l’inquinamento colpisce l’acqua potabile distribuita nell’infrastruttura idrica.
Uno studio che risale al 2020 calcolava che 200 milioni di americani potrebbero essere esposti quotidianamente agli PFAS, quasi 1/3 della popolazione totale. L’EPA – l’agenzia federale per la protezione ambientale – sostiene che gli acquedotti contaminati da livelli di PFAS pericolosi sono tra il 6 e il 10% del totale nazionale, che conta su 66mila sistemi idrici distinti.
Cosa ha deciso Washington sull’inquinamento da PFAS?
Le nuove regole sull’inquinamento da PFAS introducono limiti stringenti ma solo per alcune sostanze. L’EPA ha fissato uno standard per i livelli di cinque PFAS singoli (PFOA, PFOS, PFNA, PFHxS e HFPO-DA) e per i mix di due o più di queste sostanze. Ma i forever chemicals potenzialmente dannosi sono oltre 15.000.
Un altro punto debole del nuovo sistema di regole è che non fa nulla per risolvere il problema alla fonte. Stabilisce solo che le autorità locali avranno 3 anni di tempo per monitorare i livelli di PFAS negli acquedotti presenti sul loro territorio. Se troveranno valori troppo alti dovranno intervenire entro 5 anni.
Manca, invece, qualsiasi intervento sulle fonti di PFAS, cioè sui tantissimi settori industriali che li impiegano per gli usi più diversi, dalle pellicole antiaderenti delle padelle agli imballaggi, dalle vernici ai lucidanti, dalla placcatura dei metalli alla produzione e raffinazione di petrolio, ai materiali ignifughi per l’edilizia, alla produzione di cavi.
C’è poi un ultimo aspetto scivoloso: chi paga per eliminare l’inquinamento da PFAS? La questione non è da poco. Le autorità locali obbligheranno i gestori delle reti idriche a intervenire, i quali si rivarranno sugli utenti finali alzando le bollette. Ma le aree più colpite dai forever chemicals sono spesso quelle dove vivono le fasce di popolazione più vulnerabili dal punto di vista economico. Col rischio di aumentare ancora di più le diseguaglianze sociali ed economiche. Per questi interventi la Casa Bianca ha stanziato subito 1 miliardo di dollari e ha annunciato che potrebbero essere messi a disposizione altri 12 miliardi in futuro.