Norme ancora carenti su alcuni aspetti. Poca cooperazione tra le autorità. Obiettivi troppo deboli. Piani d’azione non ambiziosi. Sono i problemi dietro gli scarsi risultati ottenuti finora dalle città europee contro l’inquinamento acustico e dell’aria. E se per la qualità dell’aria si registrano comunque dei passi in avanti importanti, per l’eccesso di rumore ambientale l’Europa sembra aver smarrito la rotta.
Sono i rilievi espressi dalla Corte dei Conti europea (ECA) in un’analisi della legislazione vigente a livello UE, l’analisi dei risultati di 13 progetti co-finanziati dall’UE dal 2014, e un monitoraggio dell’efficacia delle politiche in 3 grandi città, Atene, Barcellona e Cracovia.
Migliora la qualità dell’aria…
L’ECA sottolinea i miglioramenti conseguiti nella qualità dell’aria. Le emissioni di PM2.5, PM10, e NO2 sono diminuite negli ultimi anni, ma rimangono critiche nelle 3 città analizzate. Peraltro, la riduzione delle emissioni di ammoniaca (NH3) è stata minima (solo 16% tra il 2005 e il 2022), e resta una delle sfide principali.
E anche se Bruxelles ha migliorato la legislazione sull’inquinamento atmosferico, “le norme al riguardo non sono sempre state rispettate o hanno iniziato ad essere rispettate solo di recente”, sottolinea l’ECA.
…ma nulla cambia per l’inquinamento acustico
Tutto l’opposto va detto per l’inquinamento acustico in Europa. Qui non si registrano neppure miglioramenti della legislazione. La direttiva UE del 2002 sul rumore ambientale non è mai stata rivista.
Non solo. La sua efficacia, così come gli effetti dei piani d’azione a livello urbano, sono difficili da valutare. Perché? Mancano i dati. I revisori dei conti dell’UE segnalano che “le lacune della mappatura acustica privano le autorità di dati essenziali sull’esposizione dei cittadini a livelli di rumore nocivi”. Questo vale anche per i progetti finanziati dall’UE: non hanno indicatori specifici che permettano un vero monitoraggio della situazione.
Così, è complicato capire cosa funziona e cosa no, e per quali motivi. Su soluzioni contro l’inquinamento acustico e dell’aria come le zone a basse emissioni (low-emission zone, LEZ) sembra chiaro che le città che le deliberano sono spesso soggette a ricorsi in tribunale.
Per altre azioni come la creazione di macroisolati (strade progettate con priorità a pedoni e bici invece che alle auto) la situazione è più sfumata. Ad esempio, la chiusura al traffico veicolare fa aumentare negozi e locali, con un apparente aumento dell’inquinamento acustico.
E ancora: l’ECA ravvisa troppa poca cooperazione tra i diversi enti amministrativi locali. Un problema che impedisce, ad esempio a Barcellona, di sviluppare un piano integrato per la mobilità a scala di area metropolitana. Il risultato è che chi gravita per lavoro attorno alla capitale catalana si sposta ancora prevalentemente con l’auto privata.