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Incendi in Indonesia: il governo abbaia, ma non morde

Nonostante i forti incendi che si sono abbattuti sull'Indonesia, il presidente Widodo ha decretato la protezione solo per aree limitate di torbiere. Il resto del territorio è stato di fatto aperto allo sfruttamento.

Incendi in Indonesia
Credit: NASA earth Observatory

Mentre la stagione degli incendi in Indonesia si avvicina, Jakarta ritira le protezioni per le torbiere del paese, a beneficio delle industrie cartiere

 

(Rinnovabili.it) – Nel 2019 gli incendi in Indonesia hanno bruciato oltre 16.000 km2 di territorio, causando alla nazione danni economici per 5,2 miliardi di dollari. Non solo l’economia ne ha sofferto, ma circa 900.000 persone hanno riscontrato problemi respiratori, flora e fauna delle aree colpite sono state ridotte e nell’atmosfera sono state liberati più di 708 milioni di tonnellate di gas serra. Tuttavia, sono proprio le politiche ambientali del governo di Joko Widodo ad aver aggravato gli effetti disastrosi della stagione degli incendi in Indonesia, soprattutto consentendo uno sfruttamento diffuso delle torbiere del paese, pari a circa il 36% delle torbiere presenti in tutto il mondo.

 

Il principale problema nasce dal degrado del suolo e dalla crescente domanda di piantagioni monocolturali. Una volta ritenuto il suolo non sufficientemente coltivabile, le aziende ripuliscono vaste aree di torbiere, utilizzando spesso metodi non sicuri. Questo causa inevitabilmente incendi, aggravati dal quantitativo di carbonio contenuto nella torba tropicale (più di 10 volte la quantità presente nel suolo normale). Una volta asciugatasi, la torba tropicale può infatti continuare a bruciare per mesi, anche se le fiamme sono già state spente, e questo spiegherebbe la particolare vulnerabilità agli incendi di lunga durata nelle piantagioni di torbiere. Anziché aumentare la protezione delle torbiere, però, il governo di Jakarta ha ridotto le restrizioni, mettendo in allarme ambientalisti e comunità locali. 

 

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A seguito degli incendi del 2015, infatti, erano stati approvati alcuni regolamenti che chiedevano alle aziende proprietarie di terreni contenenti strati di torba superiori ai 3 metri di tutelare tali aree. Tuttavia, dopo solo quattro anni, il Ministero dell’Ambiente e delle Foreste ha decretato la protezione solo per alcune aree limitate, vale a dire quelle che contengono “cupole di torba”, uno strato di torba così fitta da far risultare il centro del terreno topograficamente più alto dei suoi bordi. Il resto del territorio, al di là di queste “cupole”, è stato di fatto aperto allo sfruttamento. Chi ci ha guadagnato è l’industria cartiera, al punto da far ipotizzare ad alcuni analisti che il regolamento sia stato in parte elaborato dalle stesse aziende che possiedono gran parte delle torbiere. Tra tutte, i principali sospetti riguardano i gruppi APRIL e Asia Pulp & Paper (APP), che hanno drenato circa 2 milioni di ettari di torbiere per seminare piantagioni monocolturali di olio di palma e acacia, utilizzati per produrre pasta di legno.

 

Gli incendi in Indonesia causati dall’incuria sulle torbiere non hanno solo gravi conseguenze economiche ed ambientali, ma anche sociali. L’Asia Pulp & Paper è stata infatti accusata di violazione dei diritti umani: si è accaparrata terre, ha sfrattato le comunità locali utilizzando la violenza, ha sottopagato i proprietari terrieri e i lavoratori. Nonostante nel 2013 l’azienda abbia lanciato una politica di conservazione delle foreste per compensare i suoi danni ambientali e sociali in Indonesia, sono emerse prove di società affiliate all’APP che ancora deforestano migliaia di ettari di territorio. Pare, quindi, che queste pratiche non si siano mai fermate. Ad esempio, un rapporto del 20 gennaio, stilato da una coalizione di nove organizzazioni non governative, indica che sia APP che APRIL non ripiantano (nonostante le promesse) le aree torbiere distrutte, continuando al contrario a causare nuovi incendi.

 

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