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Incendi e clima, megatonnellate di CO2 sprigionate in aria questa estate

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Image by David Mark from Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Gli incendi di questa estate hanno sprigionato CO2 in quantità impressionanti. A luglio il dato si assesta su 1258.8 megatonnellate di CO2. Agosto non è da meno, e presenta un conto di 1384.6 megatonnellate di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera. I dati forniti dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) sono davvero poco confortanti, e in questo giorno, che nell’Emisfero Settentrionale segna la fine dell’estate, costringono a un bilancio assai amaro. Incendi di lunghissima durata, con fiamme indomabili ed emissioni di portata eccezionale hanno caratterizzato tutta la stagione calda. In luglio e agosto picchi da record sono stati registrati nel bacino del Mediterraneo, America Settentrionale e Siberia. Le emissioni sono raccontate in numeri, e questi fanno davvero paura. Il complesso sistema di rilevamento del CAMS fornisce il dato a livello globale.

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La lunga durata degli incendi in Nord America – tra tutti il Dixie Fire che ha duramente colpito il nord della California – e in Siberia ha contribuito a creare una miscela di fumo che in forma di nuvola si è spostata attraverso l’Atlantico fino a raggiungere, alla fine di agosto, le zone occidentali delle Isole Britanniche, per poi interessare il resto d’Europa. Viaggiando in direzione opposta e contraria la polvere proveniente dal Sahara contribuiva contemporaneamente a peggiorare la qualità dell’aria.  

Il complesso sistema di monitoraggio del CAMS stima le emissioni globali giornaliere degli incendi grazie al Global Fire Assimilation System. Gli scienziati di Copernicus si servono delle osservazioni fornite dai sistemi satellitari MODIS delle NASA per monitorare gli incendi attivi di grande portata. Sulla base della Potenza Radiativa di Fuoco (PRF) che essi sviluppano vengono calcolate le emissioni globali giornaliere dovute agli incendi. A queste, si aggiungono le stime dei valori di altri inquinanti atmosferici, grazie al sistema di previsione meteorologica a medio termine dell’ECMWF (European center medium weather forecast, organizzazione intergovernativa sostenuta da 20 Stati membri europei e 14 stati cooperativi) che modella il trasporto e la chimica degli inquinanti atmosferici per prevedere, con un anticipo di 5 giorni, la loro incidenza sulla qualità dell’aria.

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Le cifre che si accorpano fino a diventare numeri ‘pesanti’ hanno un ruolo importante. Possono contribuire a svegliarci dal torpore e dall’idea che un cielo così grande possa contenere ogni genere di cosa senza rimanerne segnato, comprese le scorie velenose figlie di un comportamento dissoluto, disattento e assai poco ecologista.  Oltre la coltre di fumo nero, i numeri rendono l’invisibile visibile e dati alla mano non è possibile negare l’evidenza: condizioni di siccità e ondate di calore anomale e prolungate generano situazioni favorevoli allo sviluppo di incendi di grande portata. L’inquinamento atmosferico ne risente pesantemente e il rischio che quel cielo così grande possa farsi sempre più opaco, velenoso e ostile è grande. Il riscaldamento globale non può non giocare un ruolo in questo scenario che si fa sempre più apocalittico. Come più volte dimostrato dai fatti, non c’è barriera che possa arginare, contenere, costringere in spazi delimitati e controllabili le cause che lo determinano, meno che mai le sostanze inquinanti che viaggiano veloci come turisti impazziti, senza ordine e riparo. Ciò che accade nel cuore della Siberia, nelle lontane e fredde terre artiche, in Africa, in America Settentrionale, ovunque si punti il dito sul mappamondo, tocca ogni singolo essere vivente e gioca d’azzardo con il suo futuro e con quello dell’intero pianeta, che di questo passo potrebbe non tardare a divenirci del tutto ostile, offrendoci un’aria irrespirabile. Non si potrà, a quel punto, cambiare il filtro al cielo.

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