Lo studio è pubblicato sulla rivista medica Annals of Global Health
(Rinnovabili.it) – I livelli di produzione, uso e gestione a fine vita della plastica a livello globale non solo “non sono sostenibili”, ma sono anche “responsabili di danni significativi alla salute umana” e creano “profonde ingiustizie sociali”. Lo scrive il primo studio ad analizzare l’impatto della plastica sulla salute in modo sistematico e tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Tra gli effetti nocivi per l’uomo vanno annoverati cancro, malattie polmonari e malformazioni alla nascita.
Il problema principale è ancora la produzione
Gli autori puntano il dito contro la produzione di volumi sempre maggiori di plastica: è il problema numero uno. Nello studio pubblicato sulla rivista medica Annals of Global Health, evidenziano che “la causa principale di questo peggioramento dei danni è l’aumento quasi esponenziale e tuttora in accelerazione della produzione globale di plastica”. Dalla fine della seconda guerra mondiale sono state prodotte in tutto il Pianeta 9,3 miliardi di tonnellate di materie plastiche. Tra 1950 e 2019 il ritmo è cresciuto di 250 volte, tanto che metà della plastica prodotta è stata generata dopo il 2002. E quella monouso è ancora il 35-40% del totale.
Qual è l’impatto della plastica sulla salute?
Il dossier mette in fila tutte le principali patologie che si riscontrano nell’uomo a causa delle attività che compongono il ciclo di vita della plastica. A partire dall’estrazione di idrocarburi per produrla: i lavoratori del carbone, del greggio e del gas soffrono di pneumoconiosi, silicosi, malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni. Chi opera nel segmento di produzione è esposto a rischi maggiori di contrarre leucemia, linfoma, angiosarcoma epatico, tumore al cervello, tumore al seno, mesotelioma, lesioni neurotossiche e riduzione della fertilità.
Chi produce tessuti in plastica ha tassi di mortalità più elevati della norma per cancro alla vescica, cancro ai polmoni, mesotelioma e malattia polmonare interstiziale. I lavoratori addetti al riciclo della plastica hanno tassi maggiori di malattie cardiovascolari, avvelenamento da metalli tossici, neuropatia e cancro ai polmoni. Chi semplicemente vive vicino agli stabilimenti produttivi e di riciclo presenta un rischio maggiore di nascite premature, basso peso alla nascita, asma, leucemia infantile, malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni.
Altri impatti della plastica sulla salute riguardano la dispersione nell’ambiente delle sostanze chimiche tossiche di cui è composta la plastica, in particolare gli additivi con funzione di interferenti endocrini, ma anche i bambini nei primi anni di vita e durante la fase di gestazione in utero.