A Nairobi, il 3° round di negoziati non ha prodotto alcun risultato concreto. Fondamentale il ruolo giocato da Iran, Russia e Arabia Saudita (ma anche dagli Stati Uniti) per rallentare i lavori e diluire l’ambizione
Entro il 2024 dovrebbe vedere la luce il trattato ONU sulla plastica
(Rinnovabili.it) – Si doveva parlare di misure concrete per abbattere l’inquinamento da plastica, ma non c’è stato neppure consenso su come dovrebbe funzionare l’accordo globale. Il terzo round di negoziati per il trattato ONU sulla plastica che si è chiuso ieri a Nairobi, in Kenya, ha confermato i timori della vigilia: continuano le tattiche dilatorie da parte dei paesi produttori di petrolio.
Chi frena sul trattato ONU sulla plastica?
Sono soprattutto Iran, Arabia Saudita e Russia ad aver remato contro. Secondo le organizzazioni ecologiste che monitorano i lavori, i rappresentanti di questi paesi hanno provato ancora una volta a rallentare i lavori, evitando così di arrivare a discutere dei punti chiave del trattato ONU sulla plastica. Restando peraltro sulle loro posizioni: sì a obiettivi per il riciclo e il riuso della plastica, no a target sulla riduzione della produzione. Una via che porterebbe a minor consumo di petrolio, e di conseguenza inciderebbe sui volumi produttivi dei petrostati.
Ma non sono solo questi gli attori internazionali che frenano l’adozione di un trattato ambizioso. Se per le associazioni ecologiste, un buon accordo sarà possibile solo se Europa e Stati Uniti faranno sentire di più il loro peso durante i negoziati, da Washington arrivano tentativi per diluire gli impegni da inserire nel testo. La posizione americana, durante la settimana di negoziati a Nairobi, è stata quella di sostituire nel documento in discussione i target concreti con espressioni più ambigue, scegliendo un lessico che lascia agli stati non poche scappatoie per continuare col business as usual.
La delusione delle associazioni ecologiste
Nel frattempo, la bozza di trattato è lievitata fino a contare 100 pagine. Risultato della mancanza di decisioni, che lascia ancora tutte le opzioni sul tavolo. “I risultati di questa settimana non sono casuali”, ha affermato David Azoulay, direttore del programma per la salute ambientale al CIEL. “I progressi sulla plastica saranno impossibili se gli Stati membri non affrontano e affrontano la realtà fondamentale dell’influenza dell’industria in questo processo”.
“Per orientare i negoziati nella giusta direzione, abbiamo urgentemente bisogno di disposizioni concrete e giuridicamente vincolanti per ridurre la produzione di polimeri plastici primari”, rincara la dose Daniela Duran, sempre di CIEL. “La prospettiva di misure necessarie e ambiziose sulla produzione di plastica è ancora molto sul tavolo ed è sostenuta da molti Stati membri. Ma le manovre procedurali di alcuni Stati membri rischiano di offuscare il fatto che i polimeri plastici sono una parte fondamentale del ciclo di vita e sono all’origine del problema. Altrettanto controproducenti sono le richieste rivolte a ciascun paese di stabilire i propri standard volontari per ridurre la produzione”.
Duro anche il commento di Greenpeace. Questo round di negoziati “non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo principale: conferire il mandato per preparare una prima bozza del testo del trattato”, ha affermato Graham Forbes, capo della delegazione dell’associazione. Restano altri due vertici, che si terranno l’anno prossimo, durante i quali bisogna trovare la quadra. Il trattato ONU sulla plastica dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2024.