(Rinnovabili.it) – Una ricerca dell’Università di Manchester è riuscita a sviluppare nuovi materiali porosi e stabili per la cattura dal benzene, una delle sostanze più inquinanti e classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come cancerogena per l’uomo.
Obiettivo dei nuovi materiali è la rimozione dell’inquinante dall’aria ma anche da sostanze che dal benzene derivano, come il cicloesano: “La cosa davvero eccitante di questi materiali – ha spiegato il professor Martin Schröder, autore principale della carta che è pubblicato in Chem – è che ci permettono non solo di catturare e rimuovere il benzene dall’aria, ma anche di separare il benzene dal cicloesano, che è un importante prodotto industriale spesso preparato dal benzene”.
Si tratta di un importante avanzamento visto che separare benzene e cicloesano con le metodologie tradizionali (come la distillazione) è estremamente complicato e costoso anche se hanno una differenza minima nei loro punti di ebollizione (0,6 gradi Celsius).
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I nuovi materiali in grado di operare una migliore cattura del benzene
Si chiamano UiO-66 e MFM-300, sono due famiglie di materiali con una struttura metallica organica molto stabile e, per questo, in grado di adsorbire il benzene anche in condizioni di scarsa pressione o concentrazione. La ricerca degli scienziati dell’Università di Manchester li ha sviluppati per la cattura del benzene dall’aria, per ridurre l’inquinamento atmosferico.
Il benzene è un composto detto VOC (composto organico volatile), e in quanto tale fa parte della famiglia dei più comuni inquinanti dell’aria, in grado di aumentare le emissioni e causare diversi impatti ambientali: a partire da questa sostanza si producono molte sostanze chimiche fini, tra cui il cicloesano, ma la sua dispersione nell’aria ha gravi conseguenze sulla salute umana, per questo la più avanzata ricerca è al lavoro per sviluppare un modo per eseguirne la cattura.
I nuovi materiali sviluppati dal gruppo di Manchester vanno in questa direzione: sono classi di materiali porosi composti da molecole organiche in grado di formare delle reti tridimensionali nelle quali vengono intrappolati i composti più volatili, e funzionano molto meglio di altre sostanze utilizzate tradizionalmente come i carboni attivi e le zoliti.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Chem ed è disponibile qui.