Le previsioni di decarbonizzazione dell’acciaio sono ottimistiche. Occorre fare meno affidamento su idrogeno e cattura del carbonio
Un articolo su Nature smentisce gli scenari IEA per la decarbonizzazione dell’acciaio e del cemento
(Rinnovabili.it) – La quota di produzione che si basa sul riciclo sta crescendo. Lo stesso per l’alimentazione ad l’idrogeno. Tuttavia, siamo molto distanti dalle previsioni di decarbonizzazione dell’acciaio e del cemento. Troppo distanti, per la verità. Uno studio pubblicato su Nature ha messo perfino in dubbio gli scenari della IEA. La produzione globale di acciaio e cemento è più che raddoppiata negli ultimi 20 anni e ora rappresenta circa il 15% delle emissioni globali di CO2. Efficientare questi comparti si sta rivelando oltremodo complesso. Al punto che lo studio prevede un fallimento degli obiettivi previsti. l’Agenzia internazionale per l’energia farebba infatti troppo affidamento alle infrastrutture di cattura e stoccaggio del carbonio.
Lo stesso vale per l’idrogeno verde. Se da un lato vengono considerate “tecnologie mature”, dall’altro si mette in dubbio la capacità di dispiegarle su larga scala per tempo. Le industrie dell’acciaio e del cemento si trovano quindi ad affrontare un rischio critico perché la loro strategia di decarbonizzazione è basata su infrastrutture su cui non hanno alcun controllo diretto.
Questa incertezza si vede bene nei numeri proposti dal gruppo di esperti giapponesi e inglesi che ha curato la revisione. L’offerta di acciaio prodotto all’interno di un carbon budget coerente con l’accordo di Parigi potrà soddisfare solo il 58-65% della domanda prevista nel 2050. Per il cemento il calcolo è ancora più critico. Gli scienziati sottolineano in particolare la scarsa attività di mitigazione nel settore. Al punto che solo il 22-56% della domanda prevista a metà secolo sarà coerente con quanto promesso dai paesi a Parigi nel 2015.
Questi risultati pongono una duplice sfida per la decarbonizzazione dell’acciaio e del cemento. Gli esperti esortano i governi ad “espandere rapidamente le infrastrutture essenziali”. D’altro canto, “le industrie devono prepararsi al rischio di fallimenti nell’implementazione, piuttosto che aspettare semplicemente che emergano infrastrutture su larga scala”. “I nostri scenari”, continuano gli autori dell’articolo su Nature, “forniscono prove convincenti dell’urgenza di agire sul lato della domanda e stabiliscono parametri di riferimento per il livello richiesto di efficienza delle risorse”.