di Tommaso Tetro
In peggioramento lo stato del suolo in Italia del Paese
(Rinnovabili.it) – Lo stato del suolo in Italia è “preoccupante, il degrado è in peggioramento e riguarda “il 25% del Paese”. E’ così che la pensa Legambiente, in base ai rilevamenti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) secondo cui un quarto del territorio italiano è in degrado, con il Sud, dove primeggia la Sicilia (seguita da Puglia e Campania), tra le aeree in in condizioni maggiormente negative soprattutto per il rischio di desertificazione. Di questi temi si è parlato nel corso del webinar ‘Un Green deal per il suolo europeo’, organizzato proprio da Legambiente nell’ambito del progetto europeo Soil4life, in occasione della Giornata mondiale del suolo che si celebra il 5 dicembre.
Per Legambiente “la nuova strategia europea per contrastare il degrado del suolo deve mettere finalmente al centro delle politiche europee questa risorsa naturale non rinnovabile. Dobbiamo tenere presente che occorrono circa 500 anni per formare 2 centimetri di suolo fertile mentre in Europa ogni anno spariscono circa 44mila ettari di suolo per effetto dell’urbanizzazione”.
In un quarto dell’intero territorio nazionale – viene spiegato – gli indicatori indicano una tendenza negativa, con situazioni più critiche in alcune regioni che sono anche quelle che, negli ultimi anni, hanno conosciuto processi più intensi di crescita urbana. Questo conferma che il consumo di suolo è, spesso, soltanto la punta dell’iceberg di alcuni fenomeni come per esempio i gravi problemi di erosione e di dissesto idrogeologico, oltre che di perdita di fertilità. I dati molto preoccupanti – continua Legambiente – riguardano territori in cui l’agricoltura è condotta in modo eccessivamente aggressivo: abuso di fertilizzanti e sostanze chimiche, lavorazioni profonde e troppo ripetute, suoli lasciati scoperti per lunghi periodi, erronee pratiche di irrigazione per forzare la produttività finiscono, nel lungo periodo, per produrre risultati opposti, distruggendo l’humus, la sostanza organica del suolo, e così compromettendone progressivamente la fertilità.
A questi temi la nuova Politica agricola comunitaria – dice ancora Legambiente – dovrà “far fronte, con investimenti destinati alle aziende agricole che punteranno sulla sostenibilità delle loro produzioni, in particolare in termini di riduzione dell’impatto delle coltivazioni e dell’allevamento sui suoli”. Anche perché “fermare il degrado del suolo, la land degradation, equivale a tutelare il grande patrimonio di biodiversità del Pianeta, a migliorare la risposta agli eventi climatici estremi e la nostra qualità della vita, ma anche a salvaguardare i prodotti di eccellenza del made in Italy”. Proprio uno degli obiettivi più impegnativi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile riguarda la ‘Land degradation neutral world’, ovvero riuscire nell’arco di un solo decennio a scrivere la parola ‘fine’ alla crescita del degrado del suolo, risorsa troppo importante per il benessere e l’alimentazione delle persone per essere danneggiata in modo sconsiderato.
“Trasformazioni del suolo, perdita di produttività e sostanza organica, erosione, incendi, aumento della frammentazione degli habitat naturali unito all’urbanizzazione – rileva Michele Munafò dell’Ispra – hanno in pochi anni degradato quasi 9 mila chilometri quadrati di territorio. È un fenomeno antropico che deve essere arrestato il prima possibile se vogliamo preservare una risorsa fondamentale per la vita di tutti i giorni”.