Lo stop al bisfenolo A negli imballaggi alimentari arriverà solo dopo 3 anni di transizione
Gli esperti degli stati membri UE hanno approvato per conto dei rappresentanti permanenti la proposta avanzata dalla Commissione Europea di vietare il bisfenolo A negli imballaggi alimentari e delle bevande. La decisione, che mira a proteggere la salute dei cittadini e garantire “i più elevati standard di sicurezza alimentare”, è arrivata ieri.
Il divieto sul bisfenolo A (BPA) si applicherà ai materiali a contatto con gli alimenti, come per esempio il rivestimento delle lattine di metallo. Sono inclusi anche utensili da cucina, stoviglie, bottiglie di plastica e refrigeratori per la distribuzione dell’acqua.
La decisione si basa sul parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Nell’aprile 2023, l’EFSA ha concluso che gli attuali livelli di esposizione al BPA hanno “potenziali effetti dannosi sul sistema immunitario“. L’agenzia ha fissato una dose giornaliera tollerabile (TDI) a 0,2 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo. Questo livello è 20 mila volte inferiore alla TDI provvisoria raccomandata nel 2015.
Bisfenolo negli imballaggi alimentari, la storia normativa
Il bisfenolo è stato ampiamente utilizzato negli imballaggi alimentari sin dagli anni ’60. Tuttavia, dalla fine degli anni ’90, è sorto più di un sospetto che la sostanza possa causare effetti nocivi migrando negli alimenti. Il processo che ha portato alla decisione di ieri è stato molto lento. Nel 2011 l’UE ha vietato l’uso del BPA nei biberon in policarbonato. Nel 2018, ha introdotto ulteriori restrizioni su bottiglie e contenitori per neonati e bambini, vernici e rivestimenti.
Nel frattempo, paesi come Austria, Belgio, Danimarca, Francia e Svezia hanno introdotto restrizioni nazionali sui prodotti con BPA. La decisione di ieri arriva a valle di una consultazione pubblica avviata lo scorso febbraio e di negoziati con tutti gli stati membri. Il divieto sarà adottato alla fine del 2024 dopo un passaggio in Parlamento UE e Consiglio, ma si prevede il classico periodo di transizione tra 18 e 36 mesi. Inoltre, sono previste “eccezioni limitate laddove non siano disponibili alternative sicure”. In pratica, un paracadute per l’industria, che fino ad oggi non si è ancora adeguata alle crescenti prove di impatti sanitari della sostanza.
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