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Naufragio petroliera Xelo al largo della Tunisia, c’è il rischio di disastro ambientale

La nave trasporta tra le 750 e le 1000 tonnellate di diesel. La causa dell’incidente sarebbe il maltempo. Il relitto è arenato a 3 miglia nautiche dalla costa di Gabes e per il momento non ci sarebbero fuoriuscite. Alle operazioni di messa in sicurezza partecipa anche l’Italia

Rischio disastro ambientale: affonda petroliera al largo della Tunisia
Foto di Dennis Larsen da Pixabay

L’area di Gabes non è nuova a disastri ambientali di questo tipo

(Rinnovabili.it) – Trasporta almeno 750 tonnellate di diesel la petroliera Xelo che è affondata venerdì notte al largo della costa tunisina e alimenta il rischio di disastro ambientale. La nave cisterna che batte bandiera della Guinea Equatoriale doveva portare il carburante dal porto egiziano di Damietta a Malta. A causa del maltempo, però, la sera del 15 aprile ha chiesto il permesso di entrare in acque tunisine, all’altezza del golfo di Gabes. Qui un incidente ha bloccato la nave, che è affondata dopo poco.

Secondo le prime ricostruzioni, la Xelo avrebbe iniziato a imbarcare acqua a 4 miglia nautiche dalla costa. Il danno ha subito reso inagibile la sala motori e l’equipaggio di 7 persone non ha potuto fare altro che abbandonare la nave. Al momento, la petroliera è adagiata su un fondale di appena 15 metri a circa 3 miglia nautiche dalla costa di Gabes.

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Secondo il ministro dei trasporti tunisino, Rabie Majidi, non sarebbe imminente il rischio di un disastro ambientale. I primi controlli effettuati da sommozzatori, domenica, avrebbero accertato che i bocchettoni da cui può fuoriuscire il petrolio sono chiusi e in buono stato. “La situazione non è pericolosa, le previsioni sono positive, la nave è stabile perché fortunatamente si è fermata su fondo sabbioso”, ha dichiarato alla stampa.

Le operazioni di recupero e messa in sicurezza, però, non sono iniziate subito. In attesa di un miglioramento delle condizioni meteorologiche e marittime, il perimetro dell’area del naufragio è stato delimitato a scopo precauzionale con barriere antinquinamento. Nel frattempo, sul luogo del naufragio sono arrivati anche mezzi della Marina militare italiana specializzati nella prevenzione di disastri ambientali, a supporto degli omologhi tunisini. La prima fase del recupero sarà la più delicata, ha spiegato Majidi, perché richiede lo spostamento del relitto senza causare fuoriuscite di petrolio.

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L’area del golfo di Gabes è stata teatro più volte in anni recenti di gravi episodi di inquinamento ambientale. Agli sversamenti accidentali di greggio in mare (frequenti vicino alle isole Kerkennah, nella parte nord del golfo), si aggiunge poi un inquinamento “strutturale” causato, tra gli altri, dalle attività del Groupe Chimique Tunisien (GCT), l’azienda chimica di Stato e dagli scarichi industriali nelle acque del golfo. La città di Gabes è la più inquinata di tutto il paese, e anche quella con l’incidenza di cancro più alta.