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Anche il PE getta la spugna sulla Direttiva UE sul Suolo

Direttiva UE sul Suolo: il PE la indebolisce ancora
Foto di Jacob Campbell su Unsplash

La Direttiva UE sul Suolo dovrà ora essere negoziata tra PE e Consiglio

(Rinnovabili.it) – Ancora più flessibilità agli stati, nessun passo avanti sulla governance, e soprattutto nessuna data di scadenza vincolante per migliorare la salute dei suoli europei. La Direttiva UE sul Suolo votata ieri dal Parlamento europeo indebolisce la proposta originaria della Commissione su tutti i punti più importanti. Nonostante l’Europa sarà probabilmente la prima al mondo a introdurre regole per il ripristino dei suoli degradati, la loro efficacia reale potrebbe essere ben lontana dalle attese.

Come per altri tasselli importanti del pacchetto di provvedimenti su clima e ambiente, anche sulla Direttiva UE sul Suolo (Soil Monitoring Law), le istituzioni europee sembrano aver perso lo slancio dei primi anni del Green Deal. Ma se sulla Legge sul Ripristino della Natura c’è stato almeno un sussulto – il tentativo del PPE e delle destre di congelare il testo è stato fermato – in questo caso indebolire la direttiva ha raccolto un consenso piuttosto ampio: 336 sì contro 242 no e 33 astensioni.

Cosa manca nella Direttiva UE sul Suolo?

La nuova legge obbligherà i Ventisette a monitorare e poi a valutare lo stato di salute di tutti i suoli sul loro territorio. Questo è l’unico elemento qualificante davvero positivo: un sistema armonizzato su scala continentale per il monitoraggio dello stato di salute dei suoli. Ma il PE non ha voluto rafforzare questo aspetto, dando luce verde alla proposta della Commissione. Che lascia moltissima libertà ai paesi UE nello scegliere gli indicatori di salute dei suoli che preferiscono per fare le loro valutazioni. C’è un sistema comune, quindi, ma alla fine ogni stato potrà usare i criteri che preferisce.

Gli eurodeputati non hanno poi messo le pezze agli aspetti più deboli della Direttiva UE sul Suolo. Manca nel testo l’obbligo di ripristinare i territori, così come manca una tabella di marcia vincolante. Quand’anche uno stato si dicesse da solo che la situazione non è ottimale, niente lo obbliga a correre tempestivamente ai ripari.

Il PE “rischia di rimuovere qualsiasi misura attuabile per migliorare efficacemente la salute del suolo. Ciò non solo ritarda le azioni necessarie, ma mette anche a repentaglio l’integrità dell’ecosistema, la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza degli agricoltori”, sottolinea Caroline Heinzel di Europe Environmental Bureau (EEB). L’ong definisce “sconcertante” l’assenza di obblighi e scadenze temporali per i Ventisette.

Una nota positiva arriva invece sul fronte dei terreni contaminati, potenzialmente 2,8 milioni in tutta l’UE. La posizione negoziale adottata dal PE obbliga gli stati a stilare un elenco pubblico di tutti i siti entro 4 anni dall’entrata in vigore della Direttiva UE sul Suolo e a bonificarli, impedendo che i responsabili scarichino i costi di bonifica sulla collettività.

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