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Così l’estrazione del litio sta per devastare l’altopiano del Tibet

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Foto di Eugene Nelmin su Unsplash

Multinazionali come Tesla e BYD si affidano pesantemente all’estrazione del litio per le batterie delle auto elettriche. Ma qual è l’impatto?

(Rinnovabili.it) – Sostenibile sì, ma per chi? La domanda che accompagna l’espansione delle auto elettriche è la stessa a cui deve rispondere ogni settore che si basa pesantemente su materie prime vergini. E infatti, sebbene il ciclo di vita dei veicoli a batteria sia complessivamente meno climalterante, l’impatto ambientale dell’estrazione del litio è un problema sempre più difficile da ignorare.

La corsa al prezioso minerale sta devastando la fragile ecologia dell’altopiano tibetano, con un effetto sulle violazioni dei diritti. Lo afferma una ricerca pubblicata ieri da Turquoise Roof, una rete di ricercatori tibetani. La Cina, spiegano, è il più grande mercato di veicoli elettrici del mondo, ma fa un grande affidamento su altri paesi – come Australia e Cile – per reperire il litio utilizzato nelle batterie. Tutto ciò sta cambiando, perché Pechino ha accelerato lo sfruttamento di vasti giacimenti sull’altopiano tibetano, pari all’85% delle riserve totali di litio del paese

Questa “corsa all’oro bianco” ha portato i minatori cinesi a inquinare l’ambiente locale con tecniche di estrazione e lavorazione “veloci, economiche e sporche”. Il gruppo ha utilizzato dati satellitari e risorse pubbliche per tracciare l’impatto dell’estrazione del litio in Tibet

Questo lavoro ha collegato anche le attività minerarie alle case automobilistiche che più ne beneficiano. Sia Tesla, il più grande produttore di veicoli elettrici al mondo, sia il suo concorrente cinese BYD, stanno diventando sempre più dipendenti dallo sfruttamento e dalla produzione di litio del Tibet.

Turquoise Roof spiega che ci sono circa 3,6 milioni di tonnellate di litio nei depositi di roccia dura dell’altopiano e nelle province adiacenti di Sichuan e Qinghai. I minatori che sfruttano queste risorse rischiano di creare un inquinamento “devastante” in regioni ricche di biodiversità particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Il riferimento è a una miniera nel Sichuan le cui attività, dicono i ricercatori, avrebbero ucciso migliaia di pesci e danneggiato le praterie attraversate dai pastori tibetani. I pascoli e le terre vengono venduti alle grandi aziende della filiera, ma gli abitanti della zona “non vengono informati e tantomeno consultati riguardo alla lavorazione del terreno sotto i loro piedi”.