Un esperimento simula l’effetto cumulativo di inondazioni e inquinamento da microplastiche
L’impatto di inondazioni dovute al cambiamento climatico e inquinamento da microplastiche può essere letale per gli ecosistemi costieri. Un recente studio pubblicato su Environmental Pollution ha esaminato la combinazione di questi due fattori sulle piante costiere per ricavarne degli scenari. Condotta dall’Università di Plymouth, la ricerca ha rilevato che questi fattori di stress influenzano negativamente la crescita e la capacità riproduttiva della vegetazione sulle coste. In particolare individuano nella piantaggine (Plantago coronopus), una specie comune in ambienti sabbiosi e ciottolosi, la varietà più a rischio.
Le microplastiche presenti nel terreno hanno mostrato un impatto significativo sulla riproduzione delle piante. Le inondazioni marine hanno causato invece danni ai tessuti vegetali. L’esposizione simultanea a entrambi i fattori ha avuto effetti più gravi, alterando la crescita dei vegetali e sopprimendo temporaneamente l’efficienza fotosintetica. Questo peggioramento delle condizioni riduce la capacità delle piante di assorbire acqua, nutrienti e luce solare. Ne risulta una salute compromessa degli ecosistemi costieri.
Microplastiche convenzionali o bio, il problema rimane
I ricercatori sottolineano che la combinazione di microplastiche e inondazioni marine non va sottovalutata. Si prevede che entrambi i fenomeni aumenteranno, portando minacce significative alla resilienza degli ecosistemi costieri. L’inquinamento da microplastiche, secondo i ricercatori, può quindi avere un impatto ancora più devastante se associato ad altri fattori ambientali. Gli esperti sottolineano, inoltre, che il problema è lo stesso sia che i micro-frammenti siano di plastica convenzionale che di bioplastica.
Le piante sono infatti state coltivate in un terreno contenente plastica convenzionale o biodegradabile per 35 giorni. Poi sono state sommerse dall’acqua di mare per 72 ore. L’esperimento ha riprodotto il tipo di inondazione sempre più associato alle tempeste e alle mareggiate costiere. Le piante sono poi state coltivate per altri 24 giorni, durante i quali gli scienziati hanno monitorato la sopravvivenza e altri fattori, quali le dimensioni, l’efficienza fotosintetica e la produzione di fiori.