Rinnovabili • CFC: Pechino rallenta la produzione illegale di clorofluorocarburi

La Cina ha dato un taglio ai gas CFC, killer dell’ozono

Nel 2018 era stato scoperto un picco anomalo sulla Cina orientale: alcune aziende lo producevano illegalmente. Adesso Pechino è corsa ai ripari, dicono le rilevazioni atmosferiche

CFC: Pechino rallenta la produzione illegale di clorofluorocarburi
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I gas CFC hanno un potere climalterante oltre 4mila volte maggiore della CO2

(Rinnovabili.it) – La lotta della Cina contro la produzione illegale di clorofluorocarburi (CFC) sta dando i suoi frutti. Sono in netta diminuzione le concentrazioni in atmosfera sulla Cina orientale di questo gas dal potere climalterante oltre 4mila volta superiore a quello della CO2 e tra i principali responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono attorno al pianeta.

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature confronta gli ultimi dati provenienti dalle rilevazioni e li mette a confronto con quelli del 2018. Il tasso di concentrazione è nuovamente in calo, scrivono i ricercatori, con un effetto benefico sul buco dell’ozono.

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La serie di rilevazioni del 2018 aveva fatto scattare l’allarme. I CFC sono ufficialmente banditi dal 1996 grazie al protocollo di Montreau. Pechino ha aderito più tardi, nel 2010. Eppure i valori di questo gas, nonostante la messa fuori commercio, erano in aumento sulla parte orientale della Cina fin dal 2012.

Un’indagine interna aveva poi trovato almeno una parte dei responsabili. Si tratta di 18 compagnie che hanno ammesso di aver utilizzato i clorofluorocarburi nella produzione di schiume isolanti per l’edilizia nonostante fossero ormai illegali.

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Della faccenda si era occupata l’ong Environmental Investigation Agency (Eia), riporta Climate Home. L’Eia aveva portato alla luce il meccanismo con cui queste aziende riuscivano a produrre e impiegare il gas proibito evitando i controlli: per stessa ammissione di alcune delle compagnie, erano gli uffici preposti al monitoraggio delle norme ambientali a livello locale ad avvisare le aziende di un’ispezione programmata, in modo che avessero il tempo di nascondere qualsiasi traccia di operazioni illecite.

Lo studio sottolinea però come ci possano ancora essere strascichi in futuro. Tra il 2013 e il 2019 infatti sarebbero state prodotte tra le 90mila e le 725mila t di CFC che non sono ancora state rilasciate in atmosfera, perché incorporate in materiali schiumosi o sotto altra forma. Se rilasciate, l’impatto sul clima sarebbe pari a quello delle emissioni annuali dell’intera Unione Europea, 3 miliardi e mezzo di t di CO2.